Se noi valutiamo a questo punto i talenti che Dio ci ha dato, capiamo che rispondere sì alla Sua chiamata significa metterli a frutto e non seppellirli. Ripensiamo quindi alla parabola raccontata da Gesù. Forse mai ci siamo messi dalla parte di quell’uomo a cui era stato consegnato solo un talento. Come possiamo fare, se ancora il nostro io non è stato da noi messo alla croce? Siamo destinati alla rovina eterna? Il nostro padrone, al suo ritorno, ci toglierà anche quello che abbiamo?
* Matteo 25, 24-30: 24Venuto infine colui che aveva ricevuto un solo talento, disse: Signore, so che sei un uomo duro, che mieti dove non hai seminato e raccogli dove non hai sparso; 25per paura andai a nascondere il tuo talento sotterra; ecco qui il tuo. 26Il padrone gli rispose: Servo malvagio e infingardo, sapevi che mieto dove non ho seminato e raccolgo dove non ho sparso; 27avresti dovuto affidare il mio denaro ai banchieri e così, ritornando, avrei ritirato il mio con l’interesse. 28Toglietegli dunque il talento, e datelo a chi ha i dieci talenti. 29Perché a chiunque ha sarà dato e sarà nell’abbondanza; ma a chi non ha sarà tolto anche quello che ha. 30E il servo fannullone gettatelo fuori nelle tenebre; là sarà pianto e stridore di denti.
Quando non sappiamo come servire o ci sentiamo inadatti, invochiamo anche noi l’aiuto del banchiere. Ovviamente questi è lo Spirito, che ci aiuta e ci fa investire al meglio. Per portare frutto, lo Spirito viene sempre a rivelare come pregare. Invocarlo è una dimostrazione da parte nostra di santo timore e non di paura.