Allenarsi nell’amore

24Non sapete che nelle corse allo stadio tutti corrono, ma uno solo conquista il premio? Correte anche voi in modo da conquistarlo! 25Però ogni atleta è temperante in tutto; essi lo fanno per ottenere una corona corruttibile, noi invece una incorruttibile. 26Io dunque corro, ma non come chi è senza mèta; faccio il pugilato, ma non come chi batte l’aria, 27anzi tratto duramente il mio corpo e lo trascino in schiavitù perché non succeda che dopo avere predicato agli altri, venga io stesso squalificato. (1 Corinti 9, 24-27)

Nell’allenamento e poi nella gara, il vero atleta dà tutto se stesso e non si risparmia, perché ha gli occhi fissi sulla meta. Sa che deve faticare, ma il premio lo sprona e gli fa sopportare ogni disagio. Un vero atleta è tale perché ascolta i suggerimenti del mister e obbedisce alle sue indicazioni di allenamento; tra i due c’è un rapporto di fiducia perché l’atleta sa che l’allenatore lo sferza e lo incita per il suo bene. Un bravo allenatore è severo, dà l’esempio e non asseconda le titubanze o le lamentele dell’atleta, perché così facendo lo farebbe solo infiacchire. Un atleta ben allenato non sarà indeciso su cosa fare in pista e avrà forza e resistenza necessarie per non venire meno nella fatica.

9Del resto, noi abbiamo avuto come correttori i nostri padri secondo la carne e li abbiamo rispettati; non ci sottometteremo perciò molto di più al Padre degli spiriti, per avere la vita? 10Costoro infatti ci correggevano per pochi giorni, come sembrava loro; Dio invece lo fa per il nostro bene, allo scopo di renderci partecipi della sua santità. 11Certo, ogni correzione, sul momento, non sembra causa di gioia, ma di tristezza; dopo però arreca un frutto di pace e di giustizia a quelli che per suo mezzo sono stati addestrati.

12Perciò rinfrancate le mani cadenti e le ginocchia infiacchite 13e raddrizzate le vie storte per i vostri passi, perché il piede zoppicante non abbia a storpiarsi, ma piuttosto a guarire. (Ebrei 12, 9-13)

Chi inizia a praticare uno sport, lo fa, in genere, per puro diletto, perché è attratto dal gioco e si diverte con i compagni. Trae piacere da questo esercizio, ma finché il tempo che ci dedica è limitato, lo considera solo un hobby e la conoscenza che ha di quello sport è di tipo amatoriale. Molti credenti si fermano a questo livello di rapporto con Dio, prendendo ciò che di buono può dare, senza essere coinvolti più di tanto e quindi senza conoscere Gesù intimamente. E’ l’amore philia, un affetto sincero ma un po’ interessato, legato alla logica del “do ut des”. Questi credenti si spendono per il gioco, ma limitatamente alla propria agenda e in un terreno circoscritto.

Solo chi ha voglia di diventare un vero atleta di Dio conoscerà il vero amore agape perché, come accade agli sportivi professionisti, dedicherà a questa “corsa” tutto il suo tempo, anzi la vita intera. Avrà accesso ad informazioni che un amatoriale nemmeno immagina, e che gli serviranno per essere forte in gara. Gli si apriranno porte che nemmeno pensava esistessero. Conoscerà la sofferenza e la fatica di chi dedica tutto se stesso per un obiettivo in cui crede, senza risparmiarsi né cedere. Spesso, la causa per cui ha scelto di battersi non gli darà quel piacere che provava all’inizio: solo la volontà, unita al sostegno dell’Allenatore, lo sosterrà fino in fondo.

Gesù, da ottimo talent scout, ci ha scelto tra tanti perché conosce bene le nostre potenzialità. E’ disposto ad allenarci, ma non può costringerci a farlo: diventare grandi atleti di santità è una scelta solo nostra.

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