Catechesi – TALENTO SPRECATO

“Venuto infine colui che aveva ricevuto un solo talento, disse: Signore, so che sei un uomo duro, che mieti dove non hai seminato e raccogli dove non hai sparso; per paura andai a nascondere il tuo talento sotterra; ecco qui il tuo.” (Matteo 25, 24-25)

  • La parabola dei talenti merita un’analisi speciale data la ricchezza di particolari di cui è formata. Il versetto di riferimento ne è il cuore, e non può essere pienamente compreso se non si fa riferimento all’intero contesto.
  • E’ importante sottolineare che qui si parla del giudizio finale dei servi del Signore. Gesù non si sta riferendo genericamente a tutti gli uomini, ma a coloro che appartengono (o dicono di appartenere) a Dio.
  • Il padrone (kyrios, cioè colui che ha autorità, potenza, facoltà decisionale) affida ai servi dei talenti secondo le loro capacità. Quindi non è un padrone crudele, ma attento e giusto. Non dà pesi a chi non li può sostenere. Capacità in greco è dynamis, da cui in italiano deriva dinamico; perciò si tratta di abilità che tendono all’operosità, all’impegno, al coinvolgimento. Questo svela subito l’intenzione del padrone: egli non voleva che i suoi talenti fossero custoditi in cassette di sicurezza! Le capacità di ogni servo sono forze in movimento per mettere in gioco i talenti ricevuti.
  • Tutto ciò che si riceve da Dio va impiegato ed usato. Non dobbiamo preoccuparci di non essere all’altezza, perché la garanzia del successo non risiede in noi, ma nella stabilità del banchiere (lo Spirito Santo). Il Signore è ben consapevole di come siamo, non pretende mai da noi la performance perfetta, ma solo la disponibilità a rischiare per il regno.
  • Due dei servi hanno ben capito la mentalità del padrone e quindi agiscono come agirebbe lui: vanno subito ad impiegare i talenti ricevuti. Al ritorno del padrone si sentono dire delle bellissime parole: «servo buono e fedele». È interessante soffermarsi su questi aggettivi in greco, perché il loro significato è ricco.
  • Buono è agathos, che vuo dire anche onesto, virtuoso e… coraggioso! A conferma che i primi due servi hanno rischiato di persona. Hanno messo la loro faccia sull’investimento, pur impiegando i talenti del padrone. Si sono assunti rischi e responsabilità, ma sapevano che non si trattava di gioco d’azzardo o di speculazioni di borsa. Conoscevano la potenza e l’affidabilità del Banchiere!
  • Fedele è pistos, ed è la stessa radice di pistis, fede. Quindi non solo fedeli perché onesti, ma anche uomini di fede!
  • La risposta che primi due servi danno al padrone al suo ritorno è molto importante, benché semplice: tanto mi è stato consegnato, altrettanto ne ho guadagnato. Fatti, non parole. Che differenza con l’ultimo servo, che accampa scuse e giustificazioni per cercare di sviare l’attenzione dal fatto principale, cioè la mancanza di guadagno.
  • Le falle dell’ultimo servo sono innumerevoli. Per cominciare, egli parte con un’accusa forte e diretta contro il padrone: «sapevo che sei un uomo duro». Skleros, cioè duro, rigido. Ma come faceva questo servo a saperlo? Il verbo usato è gignooskoo, che indica una conoscenza per esperienza, addirittura in alcuni contesti evoca l’intimità coniugale. Potremo senz’altro dire che il servo pensava di conoscere il padrone, ma in realtà non lo conosceva affatto.
  • Il problema sta tutto negli occhi e nel cuore dell’ultimo servo! Egli filtra azioni e parole del padrone in base a quello che nasconde dentro di sé. La rigidità e la durezza stanno nel cuore del servo, e lui “scarica” questa valutazione sul padrone. Ecco perché il padrone lo chiama poi «servo malvagio (poneros) e infingardo (okneros)»: perché Dio legge nei cuori. Il problema non sta solo nella mancanza di guadagno, ma nell’atteggiamento con cui l’intero servizio è stato affrontato. L’assenza di guadagno è semplicemente la conseguenza di una falla che sta a monte.
  • Okneros tra l’altro significa anche pauroso; l’esatto opposto dei servi buoni perché coraggiosi nella fede! L’ultimo servo dice infatti che ha avuto paura; il verbo fobeoo indica proprio terrore, non un semplice timore passeggero. Si dice spesso che il contrario della fede è il dubbio, ma in realtà è la paura! Quindi questo servo è incredulo. Ha un’errata visione di Dio, non si fida dello Spirito Santo… pensa solo a proteggere se stesso. Ciò che nasconde sotto terra non è solo il talento del Signore, ma è tutto il suo cuore. Ha paura della sofferenza, dello scherno, del fallimento. Così, per non rischiare, seppellisce tutto. Ma di fatto, non vive. Quello che viene sepolto è morto!
  • In quanto servi del Signore, le nostre azioni rifletteranno sempre quello che crediamo. Crediamo che Dio sia misericordioso… o che sia spietato? Crediamo che quello che ci offre sia per il bene di tutti, compreso il nostro, o pensiamo che ci voglia rapinare, far soffrire e giudicare? Siamo concentrati sugli interessi del regno o pensiamo solo alla nostra comodità perché non vogliamo essere disturbati?
  • L’ultimo servo inoltre biasima il padrone di mietere dove non ha seminato e di raccogliere dove non ha sparso. Di fatto sta accusando il padrone di non fare nulla. Nella sua distorta mentalità lo vede seduto sul suo trono a comandare senza partecipare alle fatiche del servizio. Quanta ignoranza su Dio, il Servo per eccellenza, che ha fatto molto di più di quello che noi potessimo mai desiderare. Ha espiato tutti i nostri peccati e non ci chiede mai cose che non possiamo sostenere.
  • Il servo ha osservato alcune azioni del padrone e le ha fraintese, perché il suo cuore è indurito. È vero che Dio miete dove non ha sparso… ma in senso positivo! Egli si avvale della collaborazione degli uomini, ma i risultati abbondanti e miracolosi dipendono solo dalla potenza di Dio e della Sua Parola. Therizoo (mietere) e speiroo (seminare) vanno intesi sia in senso reale che figurato, perché si riferiscono sia alla provvidenza di Dio che all’evangelizzazione.
  • Questa parabola ci spiega il funzionamento del regno, qui esemplificato in denaro, banchieri ed interessi. Ma la priorità del regno ovviamente sono le persone, non le cose materiali. Lo scopo ultimo della vita cristiana è quello di portare quante più anime alla conoscenza di Dio in Cristo Gesù. È questo il vero «interesse», e ce lo suggerisce anche il termine greco usato, cioè tokos. Prima che interesse monetario esso vuol dire… prole!
  • Il vero frutto è generare figli nello Spirito, portare le persone a conoscere il Padre! A conferma di ciò notiamo che speiroo oltre che seminare significa anche generare! Dunque l’incredulità porta sempre come risultato la sterilità, al contrario della fede che è strettamente legata alla Vita di Dio. Chi crede, vive e fa vivere. Chi non crede, muore e fa morire.
  • Dio ci affida i talenti, cioè le cose più preziose che ha, i Suoi semi di vita. I semi non germogliano grazie alla bravura o alla persuasione del contadino, ma perché hanno in se stessi la potenza vitale. Però se nessuno li semina…