Catechesi – LA FESTA DELLE CAPANNE

“Allora fra tutte le genti che avranno combattuto contro Gerusalemme, i superstiti andranno ogni anno per adorare il re, il Signore degli eserciti, e per celebrare la solennità delle capanne. Se qualche stirpe della terra non andrà a Gerusalemme per adorare il re, il Signore degli eserciti, su di essa non ci sarà pioggia.” (Zaccaria 14, 16-17)

  • E’ una profezia sugli ultimi tempi, menzionata anche in Apocalisse: avrà luogo una battaglia finale di tutte le nazioni della terra, istigate da satana contro Gesù e il Suo esercito. Ovviamente, la vittoria è di Cristo. I superstiti di questa battaglia non potranno non riconoscere la divinità e la potenza di Gesù, perciò da nemici si convertiranno ed andranno ad adorare Dio nel luogo della Sua dimora.
  • Anche se non siamo in grado di capire come ogni dettaglio si realizzerà, possiamo però notare che è di grande importanza la celebrazione della festa delle Capanne (sukkot). Essa perdurerà anche dopo la seconda venuta di Cristo. Ma cos’è la festa delle Capanne?
  • Essa è esplicitamente promulgata da Dio tramite Mosè (cfr Lv 23) ed è una festività di 8 giorni durante i quali il popolo di Israele abita in capanne per ricordare il pellegrinaggio nel deserto dopo la liberazione dall’Egitto. È anche la festa dei prodotti agricoli, in quanto inizia il 15 del settimo mese (oggi ottobre), quando ogni frutto dei campi è stato raccolto.
  • Il sukkot ha assunto il significato di festa agricola a partire dall’ingresso nella terra promessa (cfr Deut 16), perché prima Israele era itinerante nel deserto e non coltivava i campi. Ma il principale scopo di Dio per questa celebrazione è far ricordare al popolo la loro vita nomade, quando essi potevano contare solo sulla provvidenza di Dio e non sui frutti della terra. Tuttavia il senso non cambia, perché è ovvio che la fertilità della terra è anch’essa dono di Dio!
  • La festa delle capanne in epoca messianica continuerà ad avere questo scopo: ricordare a tutti i popoli che la salvezza e la sicurezza risiedono solo in Cristo. Quando si è nell’abbondanza è facile dimenticare i tempi di magra; invece durante le distrette il nostro cuore cerca Dio e si appoggia a Lui totalmente. Il deserto è inospitale, ma rappresenta il luogo dell’incontro con Dio. Il profeta Zaccaria preannuncia anche cosa accadrà ai popoli che rifiutano di andare ad adorare Dio e di celebrare la festa delle Capanne: non avranno pioggia. Non è una punizione, ma la conseguenza di una scelta sbagliata. Chi non vorrà ricordare il pellegrinaggio nel deserto, patirà la siccità.
  • Oggi, gli ebrei di tutto il mondo mantengono la tradizione di celebrare la festa delle capanne. Il primo giorno è festa piena, seguito da altri sei giorni detti di «mezza festa». L’ultimo giorno è festa grande, ed è la combinazione di due ricorrenze: sheminì atzeret (ottavo di chiusura) e simchat torah (gioia della torah). A noi serve sapere questi dettagli, perché in Giovanni 7 la solennità di Sukkot è esplicitamente citata (v.2) e Gesù fa cose importanti nei vari giorni della celebrazione!
  • All’inizio della festa, dopo un’iniziale reticenza (vv.6-9) Gesù va a Gerusalemme, ma di nascosto; non si fa riconoscere pubblicamente. In Galilea, i suoi fratelli lo avevano spronato ad andare alla festa delle capanne per mostrarsi al mondo, ma evidentemente lo dicevano in modo ironico, poiché la scrittura cita esplicitamente che essi non credevano in Lui (vv.3-5). Quando Gesù arriva a Gerusalemme di nascosto, la gente lo cerca, parla di Lui con opinioni contrastanti basate solo sul sentito dire e guidate dai sentimenti.
  • A metà della festa (v.14) cioè nei famosi giorni di «mezza festa», Gesù sale al tempio per insegnare. È il momento in cui si manifesta, e subito cominciano le aperte opposizioni di giudei, soprattutto dei farisei, che addirittura mandano guardie per arrestarlo (v.32). Eppure molti credono in Lui (v.31)! Durante questo intervallo di tempo, le opinioni della gente continuano ad essere divergenti, ma non sono più basate sul sentito dire: ora tutti hanno potuto udire direttamente la Parola di Dio.
  • L’ultimo giorno solenne della festa, “Gesù stando in piedi esclamò: «Chi ha sete venga a Me e beva. Chi crede in Me, come dice la scrittura, fiumi di acqua viva sgorgheranno dal suo seno» (vv.37-38). Un’unica, significativa frase. Le parole di Gesù ci spiegano il senso del versetto di Zaccaria, da cui siamo partiti. In epoca messianica, chi non si recherà ad adorare Dio non godrà di pioggia… perché non ha attinto alla Fonte, e dunque vivrà nella siccità spirituale! La conferma di questo si trova anche in Apocalisse 7,15 e ss.
  • Ma cosa indica a noi credenti tutto questo? Come conciliare la festa delle capanne, le azioni di Gesù, e la nostra vita? Teniamo presente che l’intera vicenda di Gv 7 rappresenta la storia della manifestazione di Cristo, del Suo farsi conoscere agli uomini, in senso personale ed universale.
  • L’inizio della festa è Gesù che ci passa accanto senza che noi Lo riconosciamo. Egli è sempre presente nelle pieghe della storia e nei dettagli della nostra vita, ma finché non si mostra esplicitamente, noi non siamo in grado di riconoscerLo. A questo stadio, siamo solo in grado di parlare di Dio per sentito dire, ci facciamo trascinare dai nostri pensieri carnali e dalle nostre emozioni; non abbiamo un’idea reale di Chi Egli sia davvero. A livello universale, questo frangente rappresenta l’umanità che ancora non ha incontrato Cristo. Dio guida la storia di tutti i popoli, anche dei pagani, sebbene essi non Lo conoscano. Invece Israele, discendente di Abramo secondo la carne (rappresentato dai fratelli di Gesù), Lo ha già visto fare segni importanti, e tuttavia è incredulo! Questo dimostra che si può anche essere il popolo scelto da Dio ma non accettarLo.
  • I giorni di mezza festa rappresentano la presentazione pubblica di Gesù. Egli non gira più in incognito per le strade del mondo, ma si reca al tempio e proclama il messaggio di salvezza del Padre. Ufficializza la Sua identità come Figlio di Dio e dice chiaramente come stanno le cose. È l’epoca dell’evangelizzazione, in cui tutti, ebrei e pagani, hanno la possibilità di ascoltare la Parola. È il tempo più lungo della storia (i giorni di mezza festa sono 6), perché Dio è paziente e desidera che tutti si salvino accogliendo la buona notizia. Le opinioni della gente ora non sono più basate su ipotesi, ognuno può ascoltare e scegliere da che parte stare. C’è chi rifiuta e c’è chi crede. La scelta, nel tempo di mezza festa, determina la nostra definitiva accoglienza o rifiuto di Dio nell’ultimo giorno.
  • L’ultimo giorno, quello solenne della festa, chiude un’epoca e al tempo stesso ne apre un’altra. Secondo l’usanza ebraica, è il giorno di simchat torah (gioia della Torah), per celebrare la Parola di Dio donata agli uomini. Si scelgono simbolicamente due «sposi» tra la folla di fedeli. Uno è lo sposo della torah, che ne termina il ciclo di lettura, e l’altro è lo sposo del principio, che ne ricominicia il ciclo di lettura. Questa tradizione, letta in senso spirituale, ci dice che quando si accoglie definitivamente la Parola di Cristo, la si sposa. Finisce il fidanzamento e si comincia a essere sposi dello Spirito Santo. L’ultimo giorno della festa (l’ottavo, simbolicamente il giorno di resurrezione, dell’uomo nuovo) è l’epoca dello Spirito. Il messaggio è stato proclamato; ora è tempo di viverlo. Da credenti nella carne a credenti nello Spirito.