Catechesi – QUAGLIE E MANNA

“Allora il Signore disse a Mosè: “Ecco, io sto per far piovere pane dal cielo per voi: il popolo uscirà a raccoglierne ogni giorno la razione di un giorno, perché io lo metta alla prova, per vedere se cammina secondo la mia legge o no.” (Esodo 16, 4)

  • Il segno più vistoso della provvidenza di Dio per Israele nel deserto è senza dubbio la manna. Questo dono è un intervento divino nella vita materiale delle persone, ma soprattutto in quella spirituale.
  • È ben nota ed innegabile l’analogia tra la manna e Gesù, pane vivo disceso dal cielo. Ma possiamo trovare in questo episodio molti altri significati, che ci confermano l’abbondanza della vita in Cristo.
  • La centralità della fede è presente fin da subito, tant’è che il Signore precisa nel versetto di riferimento che si tratta di una prova per Israele, «per vedere se cammina secondo la mia legge o no». Attenzione: non è Dio che deve vedere, Lui lo sa già. Egli legge nei cuori e scorge se c’è sincerità o doppiezza. È Israele che deve rendersi conto se è fedele ai comandi di Dio o meno! Spesso preferiamo nasconderci dietro scuse, lamenti, opere della carne pur di non ammettere le nostre fragilità.
  • Di solito focalizziamo l’attenzione solo sulla manna, ma la provvidenza di Dio non si è limitata ad essa: la sera precedente le quaglie avevano coperto l’accampamento! Tutto ciò che Dio dona ha un significato, perché rappresenta un vero percorso di fede.
  • Israele è uscito dall’Egitto spogliandolo delle sue ricchezze: ha con sé greggi e armenti in grande quantità (cfr Es 12,35-8). Insomma, la carne non mancava. E allora perché le quaglie? Perché esse rappresentano tutto ciò che otteniamo per grazia, non facendo conto sui nostri averi o abilità.
  • Le quaglie sono la prima cosa che compare nel menu provvidenziale del popolo di Dio. Esse salgono all’accampamento la sera, quindi presumibilmente al tramonto del sole o poco dopo. Al contrario, la manna compare al mattino al di sotto dello strato di rugiada, all’incirca all’alba. C’è dunque un collegamento diretto tra la provvidenza di Dio e l’avvicendarsi delle ore? Pare proprio di sì, del resto sono frequenti nei vangeli i riferimenti a orari precisi del giorno o della notte.
  • Notte, appunto. Tra il tramonto e l’alba ci sono le ore più buie. Tra le quaglie e la manna c’è un lasso di tempo oscuro, in cui tutto sembra strano, in cui ogni minimo rumore fa sussultare. Quando abbiamo un problema o un dubbio, la notte è sempre il momento peggiore, in cui ogni pensiero si ingigantisce perché facciamo lavorare la nostra mentalità.
  • Le quaglie sono un segno tangibile della provvidenza di Dio che cade proprio sulla nostra testa. Non dobbiamo fare alcuno sforzo per averlo. È come se Dio, prima che cali la notte, voglia dirci: «non temere, provvedo a te, non ti abbandono. Anche se è il tramonto e la luce sta scomparendo, fidati di Me. Durante la notte non dubitare della Mia presenza: sono con te anche se non Mi vedi».
  • Durante la notte la nostra fede si basa su ciò che Dio ha già fatto per noi. Ne abbiamo prove tangibili, perché ci siamo saziati di carne di quaglia, e gli ossi spolpati lo confermano. Per molti di noi, questo è il massimo della fede a cui aspirare: tener duro quando non si vede nulla. Ma se ci pensiamo bene, questo è solo un primo, timido passo. È come il sabato santo, momento di buio interiore dopo la morte di Gesù. Al tramonto del venerdi tutti hanno visto o saputo di un fatto sconvolgente e inaudito; ma quanti, fra i discepoli, hanno fede nella resurrezione? Chi fra loro si aspetta che qualcosa di nuovo apparirà all’alba del terzo giorno?
  • Siamo sinceri: come reagiamo quando affrontiamo una prova (familiare, finanziaria, di salute)? Spesso il massimo che riusciamo a fare è pronunciare parole spezzate di preghiere che ci paiono vuote. Fede è credere a Qualcuno. Non è stringere i denti aspettando che il buio passi. Questa può essere, al massimo, costanza o perseveranza. Ma non fede. Chi ha fede tiene gli occhi e il cuore ben aperti aspettando qualcosa che non conosce, ma che sarà, perché fedele è Colui che ha promesso.
  • Tuttavia, il culmine della sfida della fede non è nel buio del sabato santo: è nella prima luce della domenica mattina. È credere che l’inaudito si è verificato, che Gesù è risorto dai morti! Avere fede non è sperare che le cose umanamente migliorino, ma credere nella resurrezione!
  • Analogamente, la vera prova di fede per gli Israeliti si svolge all’alba, quando qualcosa di mai visto compare intorno all’accampamento: la manna. Il nome evoca lo stupore del popolo, da mn eua, cosa (è) questo? E Mosè spiega loro che è il pane provveduto dal Signore. Ecco la scelta: credere che ciò che dice il portavoce di Dio è la verità?
  • Da notare che la manna non cade sull’accampamento come le quaglie, ma intorno. Entrambi sono doni di Dio, ma implicano diversa responsabilità. La manna presuppone che si esca dalla propria tenda, che la si raccolga e che la si pesi, perché tutti devono averne un omer a testa. Chi ne ha raccolto di più supplirà a chi ne ha raccolto di meno. Tutto ciò è simbolo dei due doni di grazia da parte di Dio: la salvezza e la santificazione.
  • La salvezza è il sacrificio di Gesù: solo Lui poteva farlo e l’ha fatto, una volta per sempre. Nessun contributo da parte nostra, solo accoglienza di questa grazia che piove dal cielo. La santificazione è anch’essa dono del Signore ma implica un nostro diretto coinvolgimento. Non perché ci facciamo santi da soli, ma perché siamo chiamati a seguire le direttive di Dio e nessuno può farlo al posto nostro. La manna può essere usata solo dopo aver seguito le indicazioni del Signore, ecco perché è un banco di prova.
  • La manna rappresenta la quota giornaliera di fede necessaria. Né troppa né poca; bastante per quel giorno. Non va conservata, altrimenti imputridisce. Grazie alla manna si capisce che la fede è un dono di Dio prima che una precisa volontà; arriva dal cielo, ma non si trasforma in cibo da sé. Va cercata, pesata, cotta. Come la fede: va usata, messa in azione.
  • Non dobbiamo temere di non avere fede, pre-occupandoci di chissà quali scenari futuri della nostra esistenza. Al momento opportuno, Dio provvederà fede e forza bastanti per ciò che ci chiama ad affrontare. La fede non è un’ipotetico coraggio per situazioni irreali, ma una pratica risposta ed azione per la realtà.
  • Non possiamo conservare la fede. Quella che ci era necessaria ieri non va più bene per l’oggi. Se ieri abbiamo seguito per fede una direttiva di Dio, oggi tutto potrebbe cambiare. Non si vive di rendita con il Signore, ma di provvidenza quotidiana.
  • La manna conservata imputridisce; quella non raccolta si scioglie al crescente calore del sole. Ciò rappresenta l’arrivo del Fuoco Santo. Dio arriva sempre, che si creda in Lui o meno. In quel giorno c’è grande gioia e soddisfazione per chi ha creduto. Quando Dio (il nostro sole) si mostra nella Sua gloria, la fede, come la manna, si scioglie perché non è più necessaria. Quando le promesse di Dio si adempiono, la fede non serve più.