Catechesi – IL MISTERO DELL’INIQUITA’

“Il mistero dell’iniquità è già in atto, ma è necessario che sia tolto di mezzo chi finora lo trattiene.”  (2 Tessalonicesi 2,7)

  • È inutile far finta di niente: il mistero dell’iniquità è già in atto. Il male opera praticamente, come suggerisce il verbo greco. Il regno di Dio si va costruendo, ma finché Gesù non ritorna sulla terra, il male non sarà definitivamente sconfitto.
  • Questo non ci deve creare angoscia, perché Gesù ha già vinto. Quindi ogni vittoria apparente del male è solo, appunto, apparente. Chi regge le fila di tutto è Dio. Ogni cosa che Egli fa o permette concorre al nostro bene, se crediamo.
  • Il vero discriminante infatti è solo la fede. Essa dà senso a tutto quello che ci accade o che succede nel mondo. Se guardiamo ogni avvenimento, anche il più tragico, con gli occhi della fede, non potremo mai essere delusi o sgomenti.
  • Perché la fede vede la resurrezione anche mentre sta infuriando la morte; la fede aspetta fiduciosa la domenica anche se si sta vivendo il venerdi.
  • Ma che cos’è esattamente questo mistero dell’iniquità? Intanto, il fatto che sia un mistero vuol dire che ci sono cose che a noi non è dato di sapere. Dio non ci tiene mai all’oscuro per gelosia, ma per proteggerci, finché non è arrivato il momento opportuno.
  • La parola tradotta come iniquità è in greco anomia, che vuol dire essere senza legge (quella di Dio ovviamente). Quindi chi non vive secondo la parola di Dio è iniquo e partecipa al mistero del male.
  • Quello che il versetto sottolinea è che c’è qualcuno (art. maschile, quindi personale) che trattiene la manifestazione di questo mistero nella sua orrenda pienezza.
  • Il culmine dell’iniquità sarà il manifestarsi dell’anticristo, così come nella pienezza dei tempi si è manifestato Gesù il Cristo.
  • La Scrittura dice che questo “impedimento” deve essere tolto di mezzo affinché la pienezza del male si manifesti. Non perché sia una cosa augurabile di per sé, ma perché, una volta manifestato l’anticristo, sappiamo che il ritorno di Gesù è imminente.
  • E chi è che sta trattenendo il male dal suo dilagare? Gesù ovviamente! Non può essere che Lui. Anche se ora non si trova più sulla terra, però Egli è il Capo del suo corpo… noi!
  • Noi cristiani siamo i baluardi del regno di Dio sulla terra. Il nostro pregare e la nostra presenza arginano il male, perché facciamo tutto nel nome di Gesù. Quando intercediamo, liberiamo, lodiamo… non facciamo altro che impedire l’avanzata satanica!
  • E allora possiamo supporre che la manifestazione dell’anticristo arriverà quando i cristiani saranno talmente pochi che il male non potrà che dilagare…
  • Del resto la Scrittura è chiara: al v. 3 si parla di apostasia. L’apostasia non è la condizione dei non credenti; essi già non credono in Dio. L’apostasia riguarda i cristiani! Infatti apostasia significa ribellione, defezione. Significa abbandonare ciò in cui si crede, da apo+stasi cioè allontanarsi da dove si sta.
  • Arriverà un giorno in cui i cristiani saranno talmente pochi che niente più tratterrà l’iniquità sulla terra dal suo totale dilagare.
  • Pochi per apostasia (defezione) e pochi anche a causa di uccisioni operate a vario titolo…
  • Per capire questo pensiamo ad una diga (non a quelle di oggi in cemento armato, ma a quelle di una volta, in pietra o tronchi).
  • La diga funziona e argina l’acqua finché tutti i pezzi sono al loro posto.

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  • La diga può resistere alla spinta dell’acqua anche con delle falle (defezioni); ma più pezzi si tolgono e più la diga si indebolisce finché arriva un momento in cui gli elementi di cui è formata non riescono più a contenere la forza dell’acqua che preme da dietro.
  • Arriva un momento in cui, anche se molti pezzi sono ancora al loro posto, non sono tuttavia sufficienti: la diga crollerà e l’acqua dilagherà!
  • L’esempio della diga ci aiuta anche a capire che più pezzi rimangono al loro posto, meno pressione ciascuno di loro deve sopportare singolarmente.
  • La spinta dell’acqua è forte. La battaglia spirituale è intensa. Ma l’unione fa la forza e lo si capisce proprio pensando alla diga. Molti pezzi al loro posto, spinta dell’acqua ridistribuita; pochi pezzi al loro posto, spinta dell’acqua concentrata.
  • Quando rimarranno solo pochi pezzi a contrastare il male, essi subiranno una pressione come mai nella storia si è verificata, proprio perché saranno pochi.
  • Quando alla fine la diga crollerà, i pochi pezzi rimasti verranno travolti, ma non si tratterà di una sconfitta: anzi! Essi sono rimasti al loro posto fino all’ultimo, hanno perseverato fino alla fine: grande sarà la gloria!
  • Il problema sarà invece di coloro che hanno abbandonato la diga volontariamente. Le cause saranno molte: per paura, per egoismo, per debolezza.
  • Ecco perché nei messaggi alle 7 chiese dell’apocalisse il Signore invita alla perseveranza e a resistere malgrado la pressione intensa. Perché le pietre della diga (il corpo di Dio sulla terra) diverranno poi le pietre della Gerusalemme celeste, la dimora perenne di Dio con gli uomini!

“Verrò presto. Tieni saldo quello che hai, perché nessuno ti tolga la corona. Il vincitore lo porrò come una colonna nel tempio del mio Dio e non ne uscirà mai più. Inciderò su di lui il nome del mio Dio e il nome della città del mio Dio, della nuova Gerusalemme che discende dal cielo, da presso il mio Dio, insieme con il mio nome nuovo.”  (Apocalisse 3, 11-12)