Catechesi- LETTERA DI CRISTO

“È noto infatti che voi siete una lettera di Cristo composta da noi, scritta non con inchiostro, ma con lo Spirito del Dio vivente, non su tavole di pietra, ma sulle tavole di carne dei vostri cuori.”   (2 Corinti 3,3)

  • Ci sono due temi principali che emergono da questo versetto. Il primo è il rapporto di Paolo con i credenti di Corinto a cui scrive; il secondo è la natura dei credenti, chi sono e cosa sono in rapporto alla Parola di Dio.
  • Intanto, il primo: parrebbe quasi che Paolo si vanta del suo operato tra i Corinti. Ma solo perché la traduzione non è esatta. Intanto, “è noto” traduce il verbo phaneroo, che significa più propriamente manifestarsi, essere visibile. Quindi quello che Paolo vuol sottolineare è che i credenti Corinti sono una lettera (epistola) di Cristo e questo è visibile a tutti (per il loro amore vicendevole? Per i servizi resi?). Non è banale notorietà, ma reale evidenza.
  • Inoltre “composta da noi” in realtà traduce “mediante il nostro servizio”. Cambia radicalmente il senso. Perché Paolo e i suoi collaboratori nell’evangelizzazione sono i servitori, non gli autori della lettera. Tant’è che Paolo specifica che i Corinti sono lettera di Cristo. Gesù ne è l’Autore!
  • È bello pensare di essere lettera di Cristo, soprattutto oggi che le lettere sono quasi sparite. Perché le lettere portano dettagli e sentimenti che un sms o un’email non riportano. Intanto la calligrafia: è bello vedere i segni che rivelano la personalità del mittente. E poi tracce di lacrime cadute, sbaffi di penna, errori cancellati con ghirigori…
  • Le lettere sono vive, non solo per le parole che dicono, ma anche per le imperfezioni e i dettagli che si svelano a chi ha occhi per vedere. Una lettera scritta a mano può anche non essere su carta pregiata o con inchiostro stilografico, ma parla tutta del suo autore. Il fatto di avere imperfezioni garantisce la sua autenticità, e non è certo meno gradita anche se contiene qualche errore!
  • Nel caso di Cristo, l’Autore non fa mai errori ovviamente. Ma poiché siamo vivi e umani, collaboriamo a quest’opera. Quando ci lasciamo scrivere con fiducia, consentiamo alla penna di Dio di scorrere su di noi senza intoppi. Quando però ci accartocciamo su noi stessi, la mano di Dio deve calcare… creando segni indelebili, spesso dolorosi ma che fanno parte della nostra storia.
  • Dio non smette di scrivere su di noi solo perché c’è stato uno sbaglio. Con pazienza, stira bene la carta e ricomincia. Finché la lettera non è completa.
  • Come suggerisce il versetto, l’inchiostro speciale di Dio è lo Spirito Santo, e la tavola (oggi diremmo la carta) è il nostro cuore.
  • Ma quello che conta è che la lettera ha sempre un destinatario. Noi non siamo il diario di Dio, scritto senza che nessuno lo possa o lo debba leggere. Noi siamo la lettera di Cristo, indirizzata al nostro prossimo, cioè colui che può vederci e ascoltarci.
  • Ma perché Paolo precisa che siamo lettera scritta con lo Spirito sul nostro cuore? Forse che Dio non poteva scrivere una lettera su pietra o carta in modo che tutti la leggessero?
  • Lo ha già fatto. Quella lettera è la bibbia! E allora perché ha dovuto scriverne un’altra… viva?
  • Per capire questo pensiamo ad una lingua parlata. Ci sono i dizionari per tradurre, i libri con le regole grammaticali… ma quello che conta è che ci sono le persone che parlano quella lingua, perché è la loro lingua madre!
  • Non a caso il miglior modo per imparare una lingua è vivere con le persone che la parlano.
  • La lingua parlata spesso supera le regole grammaticali, senza contraddirle: ecco perché Gesù dice che non abolisce la legge ma la porta a compimento.
  • Una lingua parlata si definisce una lingua viva, non a caso, perché ci sono persone viventi che la usano, la fanno propria, creando anche dei termini inediti. Ecco perché Gesù dice ai credenti che faranno cose più grandi di quelle fatte da Lui… sono i neologismi dell’Amore e dello Spirito!
  • Una lingua non più parlata è detta lingua morta. E’ solo scritta. Ha regole, ma non ha suoni. Pensiamo al latino o al greco antico. Possiamo studiarle, ma nessuno si sognerebbe di parlarle correntemente o di usarle per vivere. Tra l’altro coloro che le usavano centinaia d’anni fa, di sicuro non le pronunciavano come facciamo noi. Quindi se un professore di oggi sentisse parlare un greco di allora sarebbe in seria difficoltà!
  • Questo paragone serve a farci capire che la Bibbia è lingua morta se non è messa in pratica. Pensiamo che la Bibbia faccia parte dell’archeologia spirituale? Allora rimarremo semplici ascoltatori. Essa non diverrà vita per noi, non parleremo mai il suo linguaggio. Non è un problema da poco, perché se non parliamo la stessa lingua di Dio, come faremo ad avere una relazione profonda con Lui?

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