Catechesi – ADORARE DIO

“Amen! Lode, gloria, sapienza, azione di grazie, onore, potenza e forza al nostro Dio nei secoli dei secoli. Amen.”   (Apocalisse 7,12)

  • Questo bellissimo grido d’adorazione è rivolto da tutti gli angeli di Dio che stanno intorno al trono. E’ solo una delle tante frasi di adorazione rivolte a Dio nel corso delle visioni di apocalisse, ma è molto significativa.
  • Intanto, Amen. All’inizio e alla fine, quasi a ricordare ciò che Gesù aveva detto ad una delle 7 chiese, definendosi proprio l’Amen, ed anche il principio e la fine di tutto. Come a dire: tutto inizia per mezzo di Gesù e tutto trova il suo compimento in Lui.
  • Il primo Amen pronunciato dagli angeli è la risposta a ciò che la moltitudine in vesti bianche ha poco prima detto e cioè “la salvezza appartiene al nostro Dio, seduto sul trono, e all’Agnello” (v. 10)
  • Gli angeli con il loro Amen dunque concordano, dicono: è proprio così, è la verità.
  • È importante notare la progressione di queste due frasi. Perché la vera adorazione scaturisce sempre dal riconoscere la salvezza data da Dio in Gesù.
  • Non lasciamoci sfuggire il significato del resto della frase, come fossero cose scontate. Forse siamo abituati a recitarle come una formula, ma l’adorazione è lo stupore davanti a un Dio che si svela piano piano, non un mero formulario.
  • Ciò che viene attribuito e riconosciuto a Dio sono cose molto belle ed importanti: lode, gloria, sapienza, azione di grazie, onore, potenza e forza. Valutiamo questi termini nell’originale greco.
  • La lode è euloghia, che significa non solo lode, ma anche benedizione, perché letteralmente vuol dire “buona parola”. Ovvero: non si può dire male di Dio. Non solo in senso formale, ovvero non bestemmiare; dire buone parole significa sempre proclamare cose giuste e buone su di Lui, anche quando ci conduce per vie oscure, perché a tempo debito l’oscurità si diraderà. La lode è per fede, quando i tempi sono bui; è per visione, quando la luce splende.
  • Gloria in greco è doxa, un nome che ha significato neutro, a meno che non sia inserito in un contesto positivo, come in questo caso. Di base vuol dire opinione, quindi in senso positivo buona fama, gloria. Va sempre cercata la gloria di Dio in ogni cosa che facciamo o diciamo, anche se moltissime volte comporta la perdita della nostra buona fama di fronte agli uomini.
  • Sapienza è sophia, ovviamente c’è un abisso tra quella umana e quella divina. Attribuirla a Dio vuol dire riconoscere che al di fuori di Lui non c’è sapienza vera, ma una sua pallida e spesso erronea imitazione.
  • Azione di grazie, o ringraziamento, è eucaristia. Ha in sé il significato di riconoscenza, gratitudine. Non è un grazie formale, ma è un riconoscere che si dipende interamente da Dio.
  • Timè è onore, stima, rispetto. Non c’è vera relazione tra due persone senza queste caratteristiche, soprattutto se una delle due è Dio… e ricordiamoci che il regno di Dio si basa sul principio di autorità, per cui non c’è timè se non si rispetta l’autorità.
  • Potenza e forza, ovvero dynamis e ischys. La traduzione è corretta, tuttavia noi tendiamo a  sovrapporre questi termini come fossero sinonimi. Ma nella scrittura nessuna parola è messa a caso. Soprattutto il termine dynamis è ricco di significati, perché vuol dire anche abilità, autorità, virtù, addirittura medicina (rimedio)! È il termine usato nel vangelo per descrivere ciò che Gesù sente uscire da sé quando l’emorroissa lo tocca, tant’è che si può anche tradurre come “potere di compiere miracoli”.
  • Non possiamo che concordare con tutte queste definizioni date dagli angeli nell’adorazione a Dio. Ma forse ci sfugge il punto focale: siamo disposti a dare tutte queste cose a Dio e non tenerne nessuna per noi?
  • Finché desideriamo tenere anche solo una di queste cose per noi, foss’anche un pezzettino, non stiamo veramente adorando Dio. Perché?
  • Perché non ci stiamo arrendendo a Dio e stiamo adorando noi stessi.
  • Solo quando lasceremo che la croce sia applicata a tutte queste aree nella nostra vita, potremo finalmente dire che il nostro vecchio io è crocifisso!
  • Chi si è arreso a Dio lo adora veramente e, parafrasando il versetto di riferimento, dice: “Signore, ti benedico sempre anche quando non capisco il tuo agire, perché so che è sempre perfetto (lode). Dò a te la mia reputazione, perché m’importa solo quello che Tu pensi di me (gloria). Io non so nulla, quindi ho bisogno che tu mi spieghi ogni cosa, dalla più importante alla più insignificante (sapienza). So che senza di Te non esisterei e non avrei nulla di ciò che ho, dipendo da Te totalmente (ringraziamento). Mi sottometto a Te e alla Tua volontà (rispetto e onore); rinuncio a fare le cose a modo mio e con le mie forze, per dipendere totalmente dalle Tue, perché so che mi proteggerai e avrai cura di me (potenza e forza).”
  • Per contro, chi ancora non si è arreso a Dio contraddirà con i fatti e le parole tutto questo, perché vorrà tenere per sé buona fama ed essere stimato dagli uomini, penserà di sapere come affrontare le situazioni, farà leva su se stesso e le sue capacità umane, cadrà nel compromesso e si sottometterà solo quando ne vede un vantaggio. Inutile dire che non sarà né benedicente né grato, perché si lamenterà quando le cose non vanno come si aspetta e penserà di essersi meritato/conquistato le cose che ha…