Catechesi – SONNO DELLO SPIRITO

“Poi, rialzatosi dalla preghiera, andò dai discepoli e li trovò che dormivano per la tristezza.” (Luca 22, 45)

  • Gesù sta affrontando il più grande momento di tentazione e prova della sua vita; è nel Getsemani e si isola a pregare. Prima di farlo però dice chiaramente ai discepoli di vegliare e pregare per non entrare in tentazione. Quando torna, vede che i discepoli hanno disatteso quanto da Lui detto.
  • Gesù non si arrabbia. Non ha detto quelle cose per se stesso, ma per il bene dei discepoli! Aveva dato loro un consiglio importante. E lo ripete anche quando torna dalla preghiera.
  • In un momento simile, noi avremmo reagito diversamente da Gesù. Ci saremmo arrabbiati, più che altro perché avremmo constatato l’indifferenza e la superficialità dei nostri amici. Ma come, Gesù è nella prova estrema e loro dormono?
  • I casi sono due. O non hanno capito bene cosa sta per succedere, oppure sono talmente scoraggiati da ritenere inutile qualsiasi preghiera. Senz’altro entrambe le cose. Magari qualcuno di loro non era consapevole e qualcun altro era afflitto. Ma sta di fatto che non hanno seguito l’invito di Gesù.
  • Gesù è il nostro modello in ogni cosa, anche nella prova, che sia personale o dei fratelli, perché quando siamo uniti la sofferenza dell’uno è quella dell’altro. Gesù ci insegna che nella prova è fondamentale pregare. Per se stessi e per gli altri. Non in modo egoistico, per sfuggire alla prova, ma per vincere la tentazione!
  • Infatti la preghiera di Gesù (v. 42) esprime proprio questo: rimettersi completamente nelle mani del Padre, perché sia fatta la Sua volontà.
  • Per molti questo suona come rassegnazione, ma ovviamente non lo è. È fiducia invece, perché ci si fida del Padre e si crede che non permetterà nulla di superiore alle proprie forze. Ed è anche fragilità, in senso buono. Ci si riconosce totalmente dipendenti da Dio e si sa che sarà Lui a darci la forza per affrontare tutto. Si riconsegna tutta la nostra umana capacità di sopportazione per acquistare la forza di Dio!
  • Gesù non prescinde mai dalla preghiera personale, anche se è Dio Lui stesso. Quindi perché dovremmo farlo noi?
  • Il verbo che indica il “rialzarsi” di Gesù dalla preghiera è anistemi, che significa anche risorgere! Quindi Gesù torna vittorioso dalla preghiera personale con il Padre! E così è sempre. Noi abbiamo un dono immenso che spesso sottovalutiamo. Non trascuriamo mai di avvicinarci al Padre. La traduzione letterale è “si alzò dopo aver pregato”. La vittoria arriva sempre dopo aver combattuto in preghiera, mai prima.
  • Gesù è “lontano” fisicamente dai discepoli, nel senso che non prega comunitariamente con loro, in quel momento. Ma nello spirito non c’è distanza: il nostro combattimento personale in preghiera è sempre sostenuto dai fratelli. Anche se un membro non è presente fisicamente, la preghiera comunitaria è importante. Però i discepoli si abbandonano al sonno…
  • Il sonno dello spirito è un torpore che arriva e che non se ne va da sé. Anzi se lo ignoriamo finirà per farci sprofondare nel sonno vero e proprio. Quando uno sente che sta per addormentarsi, deve mettersi in moto fare qualcosa. Ciò vale nella carne e quindi ancor più nello spirito. Pregare è la nostra ginnastica spirituale. Se uno intorpidito si siede sul divano, finirà addormentato in men che non si dica…
  • Il versetto specifica che i discepoli si addormentano a causa della tristezza. Il termine greco è lype, che ha vari significati oltre tristezza, anche afflizione, dolore, tribolazione, affanno. Quello che emerge è un senso comune di disagio. Nessuna eccezione: tutti dormono.
  • Ma tutti, di lì a poco, cadono! Il risultato dell’addormentarsi è presto evidente: tutti fuggono, e Pietro rinnega il suo maestro…