Catechesi – ALZATI, PRENDI E CAMMINA

“Gesù gli disse: Alzati, prendi il tuo lettuccio e cammina.”  (Giovanni 5, 8)

  • Un breve, ma significativo versetto. Famoso episodio della guarigione di un paralitico seduto presso la piscina di Betzata. Ma le stesse parole sono dette da Gesù nei vangeli di Marco e Luca ad un altro paralitico, calato dal tetto di una casa. Persone diverse, situazioni diverse, ma stesse parole. Perché?
  • Perché sono tutte fondamentali per la guarigione di questi uomini. Nessuna è per di più. Gesù non dice mai parole tanto per dire, ogni Sua parola è una perla da custodire.
  • Sono tre le cose da fare, in questo ordine: alzarsi, prendere il lettuccio e camminare.
  • Il verbo usato per alzarsi è egheiroo. E’ un verbo molto interessante perché ha molteplici significati, molto adatti per la situazione di questo versetto. Oltre ad alzare, sollevare, vuol dire anche svegliare, guarire, risuscitare. L’alzarsi che Gesù chiede all’uomo non è solo fisico, ma anche spirituale: quindi un destarsi, un uscire dal torpore dell’animo che con il tempo ha fiaccato l’uomo. Alzarsi, stare in piedi, è una conquista per il bambino che cresce, è segno di dignità e forza. È il chiaro segnale di guarigione: chi è ammalato non riesce a stare in piedi anche se lo volesse.
  • La richiesta di Gesù non è un invito a fare qualcosa di umanamente impossibile, ma è il gesto che dimostra a tutti che la guarigione è già avvenuta!
  • Gesù ha già guarito il paralitico. Per fargli prendere consapevolezza di ciò, gli chiede di alzarsi. E l’uomo lo fa, stupito forse, ma lo fa. E questo è importante. Perché molte volte noi non ci “alziamo” nella nostra vita, continuiamo a giacere anche se Gesù ha detto che ci ha già sanato! Forse è paura, forse è incredulità… ma sta di fatto che non possiamo compiere le altre due azioni richieste se prima non ci alziamo.
  • Tra l’altro noi diamo per scontato che si trattasse di un paralitico, ma in realtà il testo greco parla di asthenon, cioè di un infermo, genericamente. Il fatto che fosse deposto su un lettuccio ne conferma lo stato di infermità, ma non è dato sapere quale fosse. Però questa parola è particolare perché letteralmente indica una persona senza forze. Qual era la stanchezza di quest’uomo, tale che da trentotto anni non gli permetteva di condurre una vita piena?
  • Spesso la stanchezza o l’infermità fisica è solo il riflesso di quella spirituale. E così giaciamo per anni o decenni incapaci di lasciare il nostro lettuccio. Finchè arriva Gesù… e ci dice di alzarci.
  • Il passo successivo è prendere il nostro lettuccio; oggi diremmo barella. Questo ci sorprende! Perché, dato che non ci serve più? Umanamente non ha senso. Perché ancora portarsi dietro quell’oggetto?
  • Per non dimenticare. Con Gesù cambia tutto, ma accettare quello che si è vissuto è importante. Non ha senso fingere di non essere mai stati infermi; anzi la nostra testimonianza darà gloria a Dio e sarà utile per quanti sono ancora nella prova e nella nostra condizione. Solo chi ha fatto un certo percorso è in grado di capire appieno il dolore di chi si trova in analoghe situazioni.
  • Invece noi non vediamo l’ora di guarire per gettare via stampelle, barella, fasciature. Non vogliamo più vedere quegli oggetti, non vogliamo più ricordare quelle situazioni, anzi può capitare che una volta guariti non vogliamo nemmeno più incontrare coloro che sono stati i nostri compagni di viaggio nell’infermità. Tutto pur di dimenticare.
  • Ma il periodo dell’infermità non è tempo buttato. Ciò che siamo oggi è il risultato dell’aver vissuto certe situazioni anche di sofferenza e disagio. Non ha senso voler tornare ad essere le persone che eravamo prima dell’infermità, perché non siamo più gli stessi! La sofferenza ci ha cambiato per sempre e pensare di poter rifare la nostra vecchia vita è stolto. E soprattutto è da ingrati. Infatti, chi ci ha tirato fuori dal fango? Non certo noi stessi. È stato solo Gesù. Ignorare tutto questo significa non apprezzare la Sua salvezza.
  • Da infermi bramiamo la guarigione per un motivo principalmente: tornare ad essere forti ed indipendenti. Ma se saremo capaci di andare più a fondo, capiremo che il dono più grande che Dio può farci è quello della fragilità.
  • Infatti solo quando siamo infermi impariamo a dipendere da Dio e a confidare solo ed esclusivamente nella Sua forza e non nelle nostre capacità. La guarigione fisica non deve essere un idolo a cui consacrare le nostre risorse e la nostra esistenza: essa arriverà naturalmente da sola quando avremo imparato a dipendere sempre da Dio e non solo quando siamo infiacchiti. La sofferenza che attraversiamo sarà inutile se da essa non apprenderemo questa importante lezione di vita. Che senso ha essere salvati da Dio e poi vivere come se ciò non fosse mai accaduto?
  • Quel lettuccio è un oggetto molto importante per l’uomo infermo. Perché prima ci era steso sopra, ora invece lo trasporta. Non è più disteso sulla croce, ma porta la sua croce. Ora e solo ora è pronto per il terzo passo: camminare. Non ci si può incamminare nella nuova vita nello Spirito se non prendendo la propria croce. Cercare di farlo è un’illusione. Chi cammina senza la propria croce sta solo camminando nella carne.

catechesi_40_1catechesi_40_2“Signore, è troppo pesante… per favore tagliane via un po’…”

catechesi_40_3“Signore, grazie mille…”

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“Usiamola come un ponte e attraversiamo…”

catechesi_40_5catechesi_40_6“Se qualcuno vuole venire dietro a me, deve rinengare se stesso, prendere la propria croce ogni giorno e seguirmi…”