Catechesi – LEGGE, PECCATO, MORTE

“Il pungiglione della morte è il peccato e la forza del peccato è la legge.”  (1 Corinti 15, 56)

  • La morte è un demone, l’ultimo che verrà sconfitto. Di solito noi pensiamo alla morte fisica come al male più estremo. Non è così.
  • Certo, la morte in quanto corruzione del corpo è entrata nel mondo a seguito della caduta dei progenitori; Dio è fonte di vita e ha creato tutto per la vita. Per chi ha la mentalità del mondo, la morte fisica è davvero il male peggiore. Ma per un credente non è così o, perlomeno, non dovrebbe esserlo.
  • Infatti anche Gesù è morto nella carne, senza che ciò alterasse il suo rapporto con il Padre. Quindi capiamo che la vera morte da cui è bene essere salvati è la morte spirituale.
  • Molte sono le persone in agonia nel mondo, moribondi nella carne. Ma la morte fisica, come la malattia o come qualunque disagio fisico, è solo un passo del cammino. Se si è in pace con Dio, niente deve fare paura.
  • Il vero problema arriva quando si è preda della morte spirituale, perché si è davvero sull’orlo del baratro. Il dramma è che spesso chi è moribondo spirituale non se ne accorge nemmeno…
  • Se potessimo vedere l’umanità con gli occhi di Dio, avremmo delle forti sorprese e anche degli shock. Perché Dio vede lo stato dei cuori. Noi notiamo solo l’ovvio, l’esteriorità. Ci sono persone che consideriamo felici e belle perché ne conosciamo la fama, il successo, la bellezza fisica… ma queste cose non sono garanzia di un cuore sano e vivo. Anzi spesso sono l’impenetrabile nascondiglio di un cuore sanguinante, rotto, moribondo.
  • Qualcuno è consapevole di sentirsi strano o triste, ma lo nasconde. Altri invece non si rendono minimamente conto, e questo è lo stato peggiore. Spesso solo i terremoti nella nostra esistenza ci inducono a guadare il vero stato delle cose.
  • Ci sono creature malconce, malate, derelitte, eppure il loro cuore è splendente e forte. Ci sono persone fiorenti, robuste, sempre sulla cresta dell’onda, ma il cui cuore versa in uno stato pietoso. Come accade ciò?
  • La morte spirituale è un demone e come tutti gli altri tenta di aggredire le creature. Con molte persone ha accesso libero perché esse non si mettono sotto le ali di Dio, rifiutandoLo. Invece, Dio dona ai Suoi figli un recinto di protezione che non po’ essere invaso; a meno che…
  • A meno che Dio non lo permetta per un bene maggiore e per i Suoi alti scopi (tipo Giobbe). Ma più frequentemente, a meno che uno volontariamente o stoltamente si sporga dal recinto…
  • La morte spirituale sferra l’attacco con il suo pungiglione. Il termine in greco è kentron, aculeo, pungiglione. Anche nell’originale ebraico si parla di pungiglione (Infatti questa frase è una citazione da Osea). ll dettaglio del pungiglione ci ricorda che la morte è un demone, quindi un essere dotato di intelligenza e di volontà, anche se malvagia. La condizione per venire punti è essere nel peccato. E come si cade ne peccato?
  • Tutto parte, sorprendentemente, dalla legge. Non certo perché la legge sia cattiva! Ma la legge dà solo conoscenza di cosa è bene e cosa è male. Non può, in se stessa, salvare. Se infatti diciamo “non rubare”, veniamo a conoscenza che rubare è male. Ma questo comando, di per sé, non elimina dal cuore di un ladro la tendenza a rubare! Non lo cambia nel cuore. Lo induce solo a fare sforzi di volontà per trattenersi, fino al giorno che egli non resiste più… e ruba di nuovo.
  • La legge rende l’uomo schiavo. Perché è scritto che chiunque non pratica tutto quello che è scritto in essa è maledetto. E la verità è che nessuno può osservare la legge alla perfezione. Perché? Perché l’uomo è una creatura, è limitato. Nonostante questo, quanti vivono una vita sotto la legge, anche i cristiani? Sforzi sovrumani per essere e fare le creature perfette… per poi crollare sotto questo peso e morire sotto il giogo della schiavitù del dimostrare…
  • Il versetto dice che la forza (dynamis) del peccato è la legge. Cioè il peccato prende vigore dalla legge. Dynamis è il termine da cui deriva “dinamico”, quindi si parla di forze che muovono qualcos’altro. Ma perché la legge spinge verso il peccato? Per capirlo facciamo due esempi pratici.
  • Un adolescente ha una scelta davanti: andare con gli amici in un night club, o tornare da solo a casa. È allettato e incuriosito dalla prima opzione, ma i suoi genitori gliel’hanno vietato. Ora però essi non ci sono, ed egli è da solo e deve decidere. Egli conosce la legge, ma proprio per questo è combattuto. Lotta tra il suo desiderio carnale e la sua coscienza. Decide di non fidarsi dell’avvertimento dei genitori e sceglie di verificare da solo se quanto dicono è veramente male.
  • La legge è stata la forza del peccato del giovane non perché ce lo ha spinto, ma perché la legge esula dal fidarsi di chi ne sa più di noi.
  • Lo stesso adolescente, altra situazione. Ora deve scegliere se andare al mare con gli amici o in montagna con la famiglia. Si tratta di due situazioni lecite, non c’è alcun divieto, quindi non sembra un problema. Ma le scelte non sono mai neutre. Di sicuro un’opzione sarà meglio dell’altra. E come si può saperlo? Le indicazioni buone per scegliere ci sono sempre; siamo noi che dobbiamo coglierle. In questo caso, mancando una legge perentoria ed essendo le due opzioni equivalenti ai suoi occhi, l’adolescente si fa legge a se stesso e sceglie in base al suo desiderio, senza chiedere consiglio a chi ha autorità su di lui e senza ragionare su cosa è meglio per tutti.
  • Sembra assurdo da dire, ma anche nel secondo caso l’adolescente ha commesso peccato! Dobbiamo ricordarci che questo accade ogni volta che ci sottraiamo dalla relazione con Dio.
  • Le cose sono precipitate nel giardino di Eden proprio perché Adamo ed Eva hanno cominciato a ragionare per conto proprio. Hanno messo il loro libero arbitrio a servizio di se stessi e dei propri desideri, anche quelli leciti. Dio passeggiava con loro tutti i giorni! Perché non sono andati da Lui a chiedere, a consultarsi?
  • Ecco dunque perché la forza del peccato è la legge: perché la legge, che sia data da altri, che sia data da noi stessi, è sempre un modo per evitare il rapporto diretto di fiducia con Dio. Un rapporto che implica confronto, anche scontro, ma sempre e comunque relazione, non comando. Dove c’è legge non c’è fiducia. E dove c’è fede non c’è legge, perché non ce n’è più bisogno! Che necessità c’è infatti di avere regole scritte se posso chiedere, volta per volta, a Chi ne sa più di me?

Catechesi_63_2“La morte spirituale avviene un compromesso alla volta”