“Allora, sedutosi, chiamò i Dodici e disse loro: “Se uno vuol essere il primo, sia l’ultimo di tutti e il servo di tutti”. (Marco 9, 35)
- Spesso Gesù ha dovuto assistere a conversazioni su chi fosse il più grande nel gruppo, ha dovuto osservare con quanta cura gli invitati ad un banchetto scegliessero i primi posti… con santa pazienza guarda questo affannarsi per primeggiare, e poi al momento opportuno, interviene. E ribalta tutto.
- Gesù, agli occhi del mondo, è la classica persona che “rovina” un evento conviviale con discorsi “fuori posto”. Ma a Gesù non è mai importato di adeguarsi ipocritamente a situazioni finte di benpensanti. Lui è la Verità, ed è sempre stato Se stesso fino in fondo. Forse è per questo che si trovava a Suo agio a mangiare con pubblicani e peccatori: quelle persone non fingevano di essere qualcun altro, non tentavano di apparire migliori di quello che erano.
- Voler stare al primo posto è un desiderio tipicamente umano che si riflette in ogni ambito: dai podi olimpici ai consigli di amministrazione, alle scuole, alle famiglie.
- Ma da dove viene tanta fregola? È certo una conseguenza del peccato originale, un’assurda pretesa di satanica origine. Infatti la ribellione angelica è partita proprio da lì, dal volersi insediare al posto di Dio. Satana suggerì ad Eva di mangiare il frutto proibito per essere come Dio. Da qui poi la brama di voler essere anche i primi tra gli uomini, fomentando invidie e gelosie e dando spazio alla paura di essere scalzati.
- Come si può mettere a morte questo continuo tentativo di primeggiare, che porta ad eliminare Dio dalla propria vita e a schiacciare o sfruttare gli altri per raggiungere i propri scopi?
- Gesù ha sempre la soluzione. Dice infatti: “se uno vuol essere il primo…”; quindi non condanna, ma redime anche questa tendenza umana, trasformando il fuoco dell’ambizione nel fuoco dello zelo. Suggerisce quindi di farsi ultimo di tutti e servo di tutti.
- È importante questa doppia precisazione, perché spiega l’aspetto spirituale e anche pratico della questione. Essere ultimi riguarda il cuore, ed è il primo passo da fare. Significa rinunciare ad ogni pretesa (affettiva, economica, di potere ecc.) e ad ogni diritto, nei confronti degli altri e anche di Dio. Infatti molto spesso peroriamo la nostra causa davanti a Lui in modo errato, sentendoci sempre vittime, derubati dei nostri diritti…
- Dopo esserci fatti ultimi, Gesù ci invita anche ad essere servi di tutti (diakonos). In italiano la parola “servo” ha assunto spesso un significato negativo, simile allo schiavo. Invece il termine greco qui usato non ha nulla a che vedere con l’obbligo; il servo è libero di servire. Sceglie e fa, per amore, non per dovere. Amore nei confronti di Chi lo ha affrancato da ogni schiavitù, e amore per coloro che gli vengono messi sul cammino.
- Non si può essere servi se non ci si è fatti ultimi, perché altrimenti il nostro servizio sarà falso e interessato. Quante persone invece si fanno in quattro per gli altri ma solo per avere riconoscimenti, approvazione, plausi? Esse non hanno mai voluto lasciare il primo posto, l’hanno solo camuffato.
- Al tempo stesso, non ha senso farsi ultimi se non ci si fa poi anche servi. L’atto pratico del servire è la dimostrazione dell’essersi fatti ultimi nel cuore. Altrimenti con il tempo ogni migliore intenzione sarà soffocata, e riscivoleremo nella vecchia abitudine di primeggiare.
- Per molti di noi scegliere l’ultimo posto ha un sapore amaro, perché siamo abituati ad essere serviti e ci beiamo di false glorie. E invece l’ultimo posto è il migliore. Intanto perché nessuno ce lo porterà via, non essendo ambito dal mondo. E poi perché da lì si vedono cose che dai cosiddetti primi posti non sarà mai possibile vedere.
- Infatti chi sta all’ultimo posto vede bene tutto e tutti. Pensiamo ad una fila: l’ultimo vede tutti quelli che lo precedono, mentre il primo vede solo se stesso.
- Oppure pensiamo ad un opera teatrale su un palcoscenico: i “primi” sono gli attori, gli “ultimi” sono i tecnici macchinisti. Gli attori sono visibili a tutti, dicono, fanno, prendono gli applausi. Ma non vedono nessuno, nemmeno la platea che è proprio lì davanti. Infatti le luci puntate su di loro li accecano, e non permettono loro di vedere niente all’infuori si se stessi. I macchinisti invece sono gli ultimi e i servi di tutti. Nessuno li vede, ma essi vedono tutti, sia attori che platea. E, soprattutto, servono tutti. Senza di loro lo spettacolo non andrebbe in onda. Chi cambierebbe la scenografia? Chi muoverebbe le luci? Chi calerebbe o aprirebbe il sipario?
- La domanda sorge lecita a questo punto: ma allora chi deve occupare i primi posti? Essi sono destinati ai piccoli del Regno! Sono coloro che non vogliono primeggiare, ma che hanno bisogno di cure, di nutrimento, di attenzioni. Essi occupano quei posti in modo inconsapevole, non con ambizione, ma con umiltà, perché chi è nel bisogno non è mai superbo. I piccoli non sono quelli che si fanno vittime per ottenere attenzione, ma quelli che conoscono la propria pochezza e chiedono aiuto per il bisogno del momento.
- Quindi anche chi ha scelto volontariamente l’ultimo posto può alla fine ritrovarsi al primo, non per scopo di dominio, ma per necessità!
Lett. “giù è la via per su” – (abbassarsi è la via per innalzarsi)