Catechesi – L’OSPITALITA’ DI DIO

“Nella casa del Padre mio vi sono molti posti. Se no, ve l’avrei detto. Io vado a prepararvi un posto; quando sarò andato e vi avrò preparato un posto, ritornerò e vi prenderò con me, perché siate anche voi dove sono io.”  (Giovanni 14, 2-3)

  • Tutti nella vita hanno un posto, che è bene scegliere ogni giorno per fiorire, per assumersi responsabilità, per santificarsi: in famiglia, in parrocchia, in comunità, ecc. Non si tratta solo di posto fisico, perché c’è anche un riscontro spirituale, ovunque siamo. Stare in una famiglia non vuol dire solo prendere i pasti e dormire in un medesimo luogo, ma vuol dire anche assumersi un ruolo con tutto ciò che ne consegue.
  • Se questo vale per la famiglia fisica, quanto più per quella spirituale dove, ricordiamolo, siamo tutti fratelli e uno solo è il Padre. Anche lì c’è un posto per ognuno di noi, non solo in termini di carismi, doni o missioni, ma soprattutto di riposo e relazione.
  • Infatti Gesù parla di “casa del Padre”. Non parla di circolo, associazione, ecc. Una casa è (dovrebbe essere) principalmente il luogo della relazione intima e vera, della piena accettazione, della relazione, del riposo. Dire che uno si sente in un posto come a casa propria, significa che si sente a suo agio. Molte case nella carne non sono così, purtroppo. Ma la casa del Padre lo è certamente.
  • Gesù dice che nella casa del Padre ci sono molti posti. Il termine greco è monè, che significa dimora, luogo dove rimanere. Quindi i posti della casa del Padre non sono da intendersi come posti al cinema che uno occupa per un tempo limitato e funzionale, ma sono più come stanze, suites potremmo dire, dove uno può comodamente risiedere. Il senso dell’ospitalità di Dio è infatti rimanere con Lui, vivere in intimità.
  • Non dobbiamo pensare che il posto nella casa del Padre ci attenda da dopo morti,  perché Gesù viene per sposarci e stare con noi fin da ora! La conferma di questa “imminenza” è data dal verbo etoimazoo, che significa preparare velocemente. Come a dire: le suites sono pronte, c’è solo bisogno di una riassettata.
  • La casa del Padre non è un albergo, dove si sta comodi ma si va e si viene quando ci pare e non si hanno che rapporti limitati e formali con chi lo gestisce. La casa del Padre è, appunto, una casa. E non è nostra, anche se siamo graditi ed attesi con amore. Perciò non possiamo pensare di prenderne possesso a nostro piacimento: è Gesù che viene a prenderci e ci porta lì. Il verbo paralambano (“vi prenderò con me”) ha proprio il significato di accogliere presso di sé; quindi non un rapimento forzato, ma un caldo abbraccio da lungo atteso!
  • Non è comunque scontato ricordare che, in quanto casa e non pubblico esercizio, la casa del Padre non è aperta a tutti indistintamente. Non fraintendiamo: Dio ama tutti senza favoritismi, e vuole salvare tutti. Ma il luogo del riposo e dell’intimità è un privilegio riservato a coloro che Egli conosce!
  • Del resto, anche noi non facciamo entrare chiunque a casa nostra. Se bussa uno sconosciuto, non apriremo; oppure cercheremo di accertarci della sua identità. Diverso è il caso in cui qualcuno che conosciamo suona alla nostra porta: spesso non abbiamo nemmeno bisogno di sentirne il nome, riconosciamo il timbro della sua voce anche quando dice semplicemente “sono io!”.
  • È difficile che invitiamo qualcuno che conosciamo appena a casa nostra; in genere ci vuole un certo tempo di frequentazione prima che questo accada. È solo stando a contatto con una persona più volte, parlandoci, che impariamo a conoscerla. Ecco perché le amicizie più forti si creano a scuola o al lavoro, cioè in occasioni in cui passiamo molto tempo con qualcuno e condividiamo il percorso.
  • È la stessa cosa con Gesù! Lui ci conosce bene perché ci ha creati… eppure ci sono passi del vangelo in cui dice chiaramente a qualcuno “non ti conosco”. Perché? Perché quella persona non ha passato tempo con Lui, non ha condiviso la propria quotidianità con Lui. Essere conosciuti da Dio significa conoscerLo. Non basta essere creature; è necessario essere veri figli!

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