Catechesi – PER NOI, NON NOSTRI

“Ho fatto conoscere il tuo nome agli uomini che mi hai dato dal mondo. Erano tuoi e li hai dati a me ed essi hanno osservato la tua parola.”  (Giovanni 17, 6)

  • La preghiera di Gesù a conclusione dell’ultima cena racchiude tutta la Sua vita. È un discorso ricco di riferimenti e di insegnamenti; uno di essi è contenuto in questo versetto. Si tratta del rapporto tra l’autorità istituita dal Padre e i piccoli.
  • Sappiamo tutti che il regno di Dio si basa sul principio di autorità. C’è una gerarchia; e chiunque voglia ignorare o sovvertire questo ordine si trova in guai seri. Gesù, pur essendo Dio, non si è mai appropriato indebitamente di diritti o competenze spettanti solo al Padre. Ci ha trasmesso un modello di vita perfetta perché perfettamente sottomesso ed ubbidiente.
  • Al di sopra di tutti c’è il Padre. Egli manda Gesù nel mondo per raccogliere intorno a sé e guidare degli uomini scelti, i discepoli (in particolare i dodici). Ma chi li ha scelti? Gesù, dopo una notte di preghiera. Ovvero: è il Padre che gli ha detto esattamente chi convocare. Ecco perché Gesù parla degli «uomini che mi hai dato dal mondo».
  • Chissà, magari Gesù non avrebbe scelto proprio quei discepoli. Magari non avrebbe scelto Giuda…? Ma Gesù non discute mai le disposizioni del Padre. Quindi perché dovremmo farlo noi? Accade più spesso di quanto si pensi.
  • Quando eravamo ancora nel mondo, avevamo l’abitudine di scegliere da soli le persone di cui circondarci, in base alle nostre preferenze, opportunità o attività comuni… dopo aver incontrato Gesù le cose sono cambiate. Infatti agli occhi di Dio non contano le simpatie o le affinità, ma solo l’osservanza della Sua parola. È questo l’unico discriminante, che travalica anche i legami di sangue, infatti Gesù dice che chi fa la volontà del Padre è per Lui fratello, sorella, madre!
  • Seguendo Gesù ci ritroveremo in compagnia di persone del tutto diverse da noi, per età, cultura, provenienza, interessi… persone che non avremmo mai avvicinato altrimenti. Successe così anche ai dodici. C’erano alcuni parenti tra loro (Pietro e suo fratello Andrea, i fratelli Giacomo e Giovanni) ma in generale il gruppo dei discepoli era un assortimento di gente diversissima: dai pescatori al pubblicano, allo zelota.
  • Ma nel regno di Dio non ci sono solo rapporti tra «pari grado»; anzi le relazioni più significative si instaurano in senso verticale, cioè tra autorità e piccoli (sottoposti, detto in termini militari). È qui che si riscontrano le difficoltà e le responsabilità maggiori. Niente è più impattante, in senso positivo o negativo, di una figura costituita in autorità su di noi. Ecco perché Gesù è molto severo nel giudicare lo scandalo ai piccoli (Mt 18,6; Mc 9,42).
  • E’ Dio che ci affida uno o più piccoli. È Lui che ci invia persone da servire, consolare, consigliare, ammonire. Non siamo noi a scegliere i nostri piccoli, così come Gesù non ha scelto personalmente i dodici. Del resto, anche nella carne, nessuno sceglie i propri figli! Semplicemente li accoglie. Non è una cosa scontata, perché quasi mai sono come ce li aspettiamo…
  • Sembra assurdo pensare che un genitore non accetti il proprio figlio… in realtà accade spesso. Gli aborti ne sono una tragica testimonianza, soprattutto quelli fatti quando si scopre che un bambino non è «normale». Ma il rifiuto di un figlio avviene anche quando è già nato, quando comincia a mostrare la sua personalità e il suo carattere, e viene puntualmente denigrato per ciò che è. Lo si vorrebbe diverso, lo si paragona con altri bambini… e le ferite nel cuore di quel figlio diventano voragini. Questo rischio c’è anche con i figli spirituali. Gli alunni per un insegnante, le pecore per un pastore, il battezzando per il padrino/madrina… e tutti quei casi in cui il Signore ci dona l’autorità nei confronti del prossimo per essere, anche temporaneamente, una guida.
  • Ma una guida verso cosa? Verso Dio ovviamente. Infatti Gesù nel versetto sottolinea proprio che i discepoli hanno osservato la Parola di Dio (tereoo, che significa anche custodire, uddibire). Lo hanno potuto fare perché Gesù gliel’ha spiegata e per primo l’ha messa in pratica!
  • Non c’è niente che parli forte quanto le nostre azioni… a conferma di ciò, il verbo usato da Gesù e tradotto come «ho fatto conoscere» in realtà è phaneroo, che significa rendere visibile, manifestare. Cioè Gesù ha mostrato ai discepoli il nome (onoma, anche reputazione, gloria…) di Dio tramite la sua vita, le sue azioni, oltreché le sue parole. I discepoli hanno creduto perché il testimone di Dio è stato perfettamente coerente e verace! E noi? Come ci comportiamo davanti agli occhi dei piccoli?
  • «Gli uomini che mi hai dato dal mondo». Il verbo dare qui è didoomi, che ha molti significati tra cui donare, offrire, consegnare, consacrare. È bello ricordarci che Dio non dà semplicemente in modo asettico o anonimo; ma dona, offre, consegna un piccolo. C’è la firma di Dio su colui/colei che ci viene affidato.
  • La firma di Dio indica non solo che Egli è Creatore di quella persona, ma che essa è Sua. «Erano tuoi e li hai dati a me»: sul pacco regalo che ci viene offerto c’è scritto «per noi»… non «nostro». Il dono è «per Tizio», non «di Tizio». È importante sottolineare questo punto, perché spesso noi consideriamo un dono di Dio come una nostra proprietà! E invece non è così. Noi siamo amministratori di un dono: è per noi, ma non è nostro. Capiamo la differenza?
  • Ciò è importante per non travalicare con due atteggiamenti opposti ma ugualmente deleteri. Il primo consiste nel soffocare i piccoli con un amore che si tramuta in tirannia, come se essi ci dovessero qualcosa, foss’anche renderci felici e soddisfatti… sul fronte opposto c’è invece il rischio di accogliere i piccoli come fossero pesi sul groppone. La fatica accompagna sempre l’autorità; ma non è giusto farlo pesare a chi ci è affidato.
  • Una buona autorità, per essere tale, deve sempre partire da un presupposto: l’amore per Dio. È ciò che ha fatto anche Gesù. Egli prima di amare noi ha amato il Padre. Il sacrificio di Cristo, la sua vita di ubbidienza… tutto è stato fatto da Gesù per amore del Padre, prima che per amore nostro. L’amore per noi è stata una conseguenza.
  • È come quando noi amiamo fortemente una persona, ed essa ci presenta qualcuno per lei molto importante. Ad esempio nostro marito ci introduce un suo caro amico. Noi non lo conosciamo, ma poiché amiamo nostro marito e sappiamo che lui tiene a questo amico, ci prendiamo cura di lui, lo ospitiamo, come fosse il nostro amico. Ecco, Gesù ha fatto questo con noi, in quanto vero uomo, oltre che vero Dio: ha accolto i piccoli del Padre perché amava il Padre sopra ogni cosa.
  • Siamo chiamati anche a noi a fare lo stesso con i piccoli che Dio ci dona, chiunque essi siano. Spesso si tratterà di persone che umanamente non sopportiamo… ma non dobbiamo fare preferenze. Saremo in grado di accogliere ogni piccolo, se amiamo il Padre sopra ogni cosa!