“Il Signore disse a Mosè: “Va’ dal popolo e purificalo oggi e domani: lavino le loro vesti e si tengano pronti per il terzo giorno, perché nel terzo giorno il Signore scenderà sul monte Sinai alla vista di tutto il popolo. Fisserai per il popolo un limite tutto attorno, dicendo: Guardatevi dal salire sul monte e dal toccare le falde. Chiunque toccherà il monte sarà messo a morte. […] Quando suonerà il corno, allora soltanto essi potranno salire sul monte“. (Esodo 19, 10-13)
- Ci siamo: finalmente il popolo di Israele è arrivato al monte Sinai dopo la liberazione dall’Egitto. È una tappa importante, anzi: è la mèta del viaggio. Infatti Dio aveva detto più volte al faraone, per mezzo di Mosè: «lascia partire il mio popolo perché mi possa servire» specificando in due occasioni che si trattava di servire Dio nel deserto, o anche di celebrarGli una festa nel deserto. Dio non ha mai parlato di terra promessa quale scopo primario della liberazione dall’Egitto.
- Siamo sorpresi? Non dovremmo. La terra promessa è la casa in cui Dio vuole abitare con noi. E, ovviamente, Dio non convive: sposa. Il Sinai è il luogo dell’incontro con Dio, della stipula dell’alleanza. È dove si celebra il matrimonio insomma! Ma prima di sposarsi c’è il fidanzamento, tempo in cui ci si conosce, gettando le basi della vita a due. Ci si fidanza perché siamo innamorati, non perché vogliamo avere una casa nuova. Noi invece ci comportiamo con Dio come una fidanzata che desidera cambiare vita e casa, invece che donare il proprio cuore allo Sposo…
- Due sposi innamorati non sono interessati a dove andranno ad abitare, perché sono concentrati sul loro amore e stare insieme è tutto quello che desiderano. Anche a noi non dovrebbe interessarci la terra promessa, non perché non sia importante, ma perché è un sovrappiù. È un dono che lo Sposo fa alla sposa, ma il dono più grande è lo Sposo stesso, ovviamente.
- Non c’è niente di più doloroso per un uomo innamorato constatare che la donna che ama sta con lui solo per interesse. È un alleanza che non reggerà, perché chi ama resta fedele qualunque cosa accada, ma chi non ama se ne andrà quando le cose si mettono male.
- Dio prende molto sul serio l’incontro con il Suo popolo. Ecco perché dice loro, tramite Mosè, di santificarsi e di lavare le vesti. Il termine ebraico usato per essere santi è qadosh, che significa separato. La santificazione è dunque per prima cosa una volontaria rinuncia e separazione a tutto ciò che allontana da Dio. Il Signore chiede al popolo di prepararsi ed è una fase da non sottovalutare. Quando abbiamo un incontro importante passiamo tempo, anche ore, a prepararci. Scegliamo con cura i vestiti, ci laviamo e ci profumiamo. Non trascuriamo nessun dettaglio.
- Se facciamo così per incontrare degli umani, quanto più dovrebbe essere per l’appuntamento con Dio! Soprattutto se si tratta del nostro matrimonio con Lui… cosa diremo di una sposa che arriva alla chiesa sporca, scarmigliata e sudata? Può dire mille volte di amare il suo sposo, ma i fatti le danno contro. La sua trascuratezza denuncia il poco amore.
- Prepararsi è nostra responsabilità; dopo l’arrivo dello Sposo, ciò che ci viene chiesto è attendere. Non è un compito facile, soprattutto se siamo abituati ad avere iniziative personali. Infatti Dio ci dà due avvertimenti.
- Il primo: quando Dio arriva sul Sinai, nessuno deve avvicinarsi al monte né toccare le falde. Per capire questa indicazione dobbiamo sempre pensare alla celebrazione del matrimonio. Chi entra in chiesa e raggiunge l’altare per primo? Lo sposo. Egli precede la sposa, e poi si volta per vederla arrivare. Non è mai l’incontrario! Anzi è considerato molto triste e preoccupante quando una sposa aspetta in chiesa uno sposo che non arriva…
- Il secondo avvertimento è: «Quando suonerà il corno, allora soltanto essi potranno salire sul monte». È il segnale per la sposa. È come la marcia nuziale che inizia a suonare decretando l’ingresso in chiesa e il percorso fino all’altare. Fino ad allora, la sposa deve solo attendere.
- Queste indicazioni pratiche che il Signore ci dà non sono un rigido protocollo. Ci insegnano a rispettare i tempi, a cogliere il momento opportuno e soprattutto a fare molta attenzione alle Sue parole.
- Infatti, se scorriamo le pagine dell’Esodo da questo momento in poi, scopriamo purtroppo che il popolo non salì mai sul monte incontro al Signore. In Es 20, 18, il popolo vide i prodigi della presenza di Dio e sentì il suono di corno… ma scelse di tenersi lontano! Invece di avere santo timore, fu preso da spavento. Il popolo ebbe paura di morire se avesse parlato con Dio, perciò incaricò Mosè come tramite.
- Dio voleva che tutto il popolo Lo conoscesse, ma rispettò la loro decisione. Elesse allora alcuni rappresentanti, 70 anziani e dei sacerdoti tra cui Aronne, affinché salissero da Lui. Però solo a Mosè fu concesso di avvicinarsi ancor di più per ricevere le tavole della legge. Così Mosè invitò gli altri ad aspettarlo lì sul monte mentre lui saliva ancora.
- Mentre Mosè rimase sulla vetta per 40 giorni e 40 notti; nel frattempo le cose rapidamente cambiarono nel cuore di tutti gli Israeliti. 40 è il numero della prova, che fu miseramente fallita. Invece di attendere con trepidazione la legge di Dio, l’intero popolo si diede ad adorare il vitello d’oro!
- E il bello (brutto) è che l’idolo fu forgiato sotto la guida di Aronne! Questo dimostra che anche lui e i 70 anziani non aspettarono Mosè sul monte e ridiscesero a valle. Eppure essi avevano visto Dio! Evidentemente non basta. Perché ciò che conta è avere fame e sete di Dio, bramare la Sua parola, desiderare di fare la Sua volontà. Solo chi è così può resistere saldo nell’attesa.
- Gli episodi accaduti al Sinai segnano un solco. Infatti quando non si vuole conosce Dio personalmente, si fa fatica a rimanere fedeli alle cose che dice. Nel nostro personale incontro con il Signore, dobbiamo quindi ricordarci di: non trascurare la preparazione; non mancare l’incontro per paura; attendere fedelmente le disposizioni del Signore.
- L’attesa è possibile solo quando c’è vero amore. Anzi ne è la dimostrazione. Altrimenti o si lascia perdere, o ci si costringe in una forzatura. Non dovrebbe essere gravoso o noioso aspettare Dio, come non lo è per una fidanzata che attende il giorno del matrimonio. O per una moglie che aspetta l’arrivo del marito la sera a casa. C’è amore in entrambe le situazioni. Nessuna delle due donne aspetta l’amato per interesse, ma solo perché non vede l’ora di stare con lui.
- L’attesa, inoltre, non è oziosa. Una fidanzata fa tutti i preparativi per il matrimonio, una moglie si occupa della casa e delle sue attività. Ma tutto avviene con la certezza di un arrivo che riempirà il loro cuore di gioia.