FIUMI DI ACQUA VIVA SGORGHERANNO DAL SUO COSTATO

Se il chicco di grano non muore, non porta frutto. Se il Cristo non muore, noi non veniamo liberati dall’oppressione del peccato.

La morte di uno per la salvezza dell’umanità. Il sacrificio, la mortificazione, per la vita in abbondanza e un ricco raccolto.

Il meglio che noi possiamo dare passa per un dolore straziante e inevitabile, per uno strappo, un non ritorno che ognuno di noi deve affrontare prima della sua rinascita dall’alto. È un passaggio fondamentale, che sigilla, con la sua venuta, la nostra appartenenza a Gesù e la nostra vita in Lui. Perché è necessario morire per portare frutto? Perché la nostra chiamata si realizza e si compie secondo questo schema?

Perché in ognuno di noi qualcosa non va. Qualcosa stride e va male. Qualcosa non ci soddisfa e ci sta uccidendo giorno dopo giorno. Può essere un problema in famiglia, un parente ammalato o lontano da noi, un profondo senso di solitudine o sconfitta, una vita che stenta a decollare o ad avere entusiasmo. Gesù entra nella nostra vita in questo preciso istante e, per donarci la sua Vita, ci accompagna delicatamente nel trapasso delle nostre sofferenze. Gesù è con me quando tutto sta andando per il verso sbagliato, mi tiene la mano e mi dice: “Coraggio, la tua vita è nelle Mie mani, fidati di Me e di quello che sto preparando per te”. Gesù è già lì, nel mio cuore, nel momento esatto in cui questo si sta svuotando completamente. L’otre vecchio deve rompersi prima di accogliere il vino nuovo. Nessuno mette una toppa nuova in un vestito vecchio. Così noi: non possiamo avere la vita in abbondanza, prima di assistere in diretta alla morte di tutte le nostre aspirazioni e di tutti i nostri desideri. Vedo il mio mondo crollare, e Gesù è già lì a salvarmi. Vedo la mia vita cadere a pezzi, e non sono solo neppure per un istante.

Gesù si insedierà presto nel mio cuore, porrà una dimora stabile e adesso ha tutto lo spazio per farlo. Fino al momento in cui il posto più grande era occupato da tutte le mie inquietudini, Egli non poteva agire, né operare miracoli e prodigi in me. La morte del mio io era necessaria per far posto a Gesù. Adesso ha tutto lo spazio che vuole. Adesso può, con abbondanza, riempirmi dei Suoi dolci sentimenti. Non troverà ostacoli, ma solo il mio grandissimo desiderio di comunione con Lui.

Gesù stesso ha provato, in misura ben maggiore, quanto è capitato a me: è salito in croce e ha provato la morte fisica, per donare a tutti noi la salvezza. Sa cosa significa soffrire. Sa cosa si prova nel sentirsi traditi, umiliati, senza via d’uscita, soli. Lui c’è già passato prima me e prima di tutti noi, per questo non ci abbandonerà mai.

È il nostro più grande sostenitore e, nel momento in cui ha dato la sua Vita per noi, fiumi di acqua viva sgorgarono dal Suo petto. Cosa significa? Che è proprio nel momento di massimo dolore che viene fornito l’aiuto più grande al mondo: l’acqua viva. L’acqua che non darà più sete, la bevanda che colmerà tutti i nostri bisogni. Una morte, ma anche la risposta a tutti i nostri problemi: un’acqua che fortifica, consola, edifica, ricostruisce, lenisce e, soprattutto, basta a se stessa. Una morte, ma anche la proposta di non morire più, di non aver più sete, di non sentirsi più così disperati. La vita e la morte nello stesso scenario, e oggi la situazione si ripete nel nostro cuore. Il nostro cuore che è morto, ma che trova in Gesù il dono della Vita e il saziarsi di tutti i Suoi beni. Il nostro cuore che soccombe definitivamente alla disperazione e al peccato, e Cristo che immediatamente lo ristora e gli dona tutto ciò che gli è sempre mancato.

“Fiumi di acqua viva sgorgheranno dal suo costato” e continuano a sgorgare nel momento in cui Lui ci chiama a Sé. Quando sa che è giunto il tempo per il nostro io di lasciare la presa sul nostro cuore, quando vede che non ce la facciamo più, quando capisce che il nostro dolore è giunto al culmine, allora Dio arriva. Allora è pronto a donarci tutto. Appena l’otre vecchio è scoppiato, si mette subito il vino nuovo. È di quello che abbiamo bisogno. Il nostro Salvatore era già lì alla porta pronto a donarcelo. Aspettava solo il momento opportuno per presentarsi. E così è stato. L’uomo vecchio è sulla croce con Lui e adesso noi sperimentiamo una rinascita dall’alto che non perderemo più. È finito il tempo del pianto, è passata l’epoca dei dolori e del senso di disperazione. Tutto è inchiodato alla croce, non esiste più, è morto definitivamente. Adesso c’è solo Gesù e una vita nuova in Lui. Adesso c’è abbondanza e ristoro. Adesso opera la Vita, non più la morte. Guardiamo avanti con fiducia: tutto è cambiato e dobbiamo solo iniziare a raccogliere l’eredità dei figli di Dio.