La cena del Signore_parte I

Quanta intimità in un invito a cena. Condivido con chi ho accanto molto più di un pasto: le mie emozioni, la mia quotidianità, la mia condizione personale. Spesso chi mangia con me capisce subito se sono stanca, che umore io abbia, cosa mi passa per la testa. Mangiare insieme a qualcuno è un gesto di estrema confidenza o, quando ci si conosce da poco, fa presupporre un desiderio di costruire un rapporto più stretto con chi ho di fronte. È a tavola che io rompo le barriere e mi svelo sempre più, mi spingo a una maggiore confidenza e racconto un po’ di me. È a tavola che inizio con una persona a condividere qualcosa.

Sono a cena con qualcuno perché desidero conoscerlo più da vicino, perché voglio vedere le sue più personali abitudini e comportamenti. Allora io capisco se quella persona mi piace o meno: è dalla bocca che esce ciò che c’è nel suo cuore, questo si vede bene nel momento in cui condivide con me un gesto così familiare. A volte capita che basti una serata per capire che quella persona non è in sintonia con me, perché è davanti ad un pasto che io vedo cosa cerca da me e cosa sa propormi.

A ogni pasto io propongo me stessa. Il cibo che mangio è, quindi, costituito dall’impatto che ho con il mio interlocutore. La cena è una buona cena se, nel mangiare insieme, io sento di avere comunione e una visione comune, e se mi accorgo di ricevere un affetto reale e ascolto sincero.

È terribile essere a cena con le persone sbagliate: c’è disagio, incomunicabilità e, soprattutto, non conoscenza. Quando io non mi sento libera di parlare a tavola, significa che non mi trovo nell’ambiente giusto e che la persona che ho di fronte, evidentemente, non sa nulla di me. Non conoscendomi realmente, non può quindi neppure amarmi. Io amo davvero una persona solo e soltanto se amo stare a tavola con lei, se non c’è alcun imbarazzo in questo gesto, se mi sento libera e accettata, se ho voglia che lei mi parli di sé e se la sua compagnia mi fa stare bene.

Ecco perché Gesù ha scelto questo momento per rivelare agli apostoli le sue volontà e per mostrare loro Chi era realmente. Un Dio d’amore, che dona Se stesso al prossimo, per stabilire con Lui una comunione eterna. Il Signore parla del suo sacrificio proprio a tavola e due elementi come il pane e il vino diventano corpo e sangue suoi. Perché dobbiamo mangiare e bere di Lui? Perché Lui viva in noi. Perché manifesti la sua Gloria in noi. Perché sia Lui l’oggetto della nostra più intima comunione.