UN SERVO CHE RINUNCIA

Cari fratelli, il nostro cammino su questa terra è nel Signore ogni volta che mettiamo da parte il nostro io per il Dio che tutto può e tutto dispone. Ma cosa è il nostro sì a Dio?

Fondamentalmente, esso non è tanto un’azione o un’iniziativa, ma una rinuncia.

Seguire il Signore non è rimboccarsi le maniche, non è prepararsi con mille ornamenti o oggettini, ma è dirgli: “non ho nulla da dare se non il mio io”.

Noi spesso ci sentiamo bloccati, pensiamo che consegnare al Signore quanto Lui ci ha donato sia dimostrargli che lo mettiamo sopra tutto e sopra tutti, ma non è così. Non è una consegna di ogni dono ad avvicinarci a Lui, ma è una rinuncia al nostro tutto che compie in noi miracoli e prodigi.

Consegna e rinuncia: non sono la stessa cosa. La consegna è un fatto di mente, è la scelta consapevole di mettere nelle mani di Dio ogni bene o ogni situazione, affinché sia Lui ad assumersene la paternità.

La rinuncia è, invece, l’adesione col cuore a questa verità: “io non sono più mio, non appartengo più a me stesso”.

Tante volte noi consegniamo a Dio i nostri figli, il nostro lavoro, la nostra salute, quanto abbiamo di caro. Nel farlo ci sentiamo pure affaticati, ma nel giusto. “Ho fatto quanto dovevo”, pensiamo. E in questo nostro agire c’è il vanto. Questo gesto è ben poca cosa, anche i farisei lo compivano e probabilmente molto meglio di noi.

A Dio però non interessa la consegna, ma la rinuncia di ogni bene, a questo ha chiamato il Suo servo, e questo sta chiedendo ora a noi.

Cos’è che si pronuncia con le promesse battesimali? “Rinuncio”.

Questo ci fa del Signore, non un gesto, non una brillante idea, non la migliore preghiera del mondo. È la rinuncia a farci Suoi.

Rinunciamo noi a noi stessi per il Re della vita?

Forse, anche se desideriamo al massimo dire “sì, io rinuncio!”, ciò non è la verità. Il Signore, che legge nelle profondità del nostro cuore, questo già lo sa. Ancora siamo saldamente attaccati non tanto ai nostri idoli materiali, ma alle nostre sicurezze spirituali. Andiamo in crisi per periodi di aridità o per una non piena corrispondenza tra quanto il Signore ci ha promesso e quanto sperimentiamo ogni giorno. Non capiamo, ma pretendiamo e pensiamo di capire, e giudichiamo al contrario ogni cosa. Una benedizione diventa una porta stretta, un problema il nostro fiore all’occhiello.

Quanto poco discernimento, fratelli!

Allora, come facciamo a camminare nel Signore e a conoscerlo meglio?

Abbandoniamo noi stessi. Smettiamo di essere il primo pensiero del mattino e l’ultimo della sera, e pensiamo solo a Dio. Quanto ci è duro farlo? Ma qual è la cosa che ci separa di più da Lui?

L’idea di perdere il centro della nostra attenzione.

Non più io, ma Dio. Non più la bellezza, ma la Verità. Non più la giovinezza, ma l’Eternità. Non più la nostra famiglia, ma il Regno.

Davvero pensiamo di esser pronti a iniziare a costruire, quando l’unica cosa che riusciamo a immaginare per il nostro futuro è la nostra casa con figli, consorte e pancino pieno? Questo è ancora il nostro orizzonte, e lo sappiamo bene.

Il Signore però ci sta chiamando, e desidera che facciamo un salto mai fatto. Desidera che rinunciamo al nostro io. Non perché è giusto, né per passar bene davanti a Lui, ma per amore. Dio ci ama e desidera avvicinarsi a chi lo ama sopra ogni cosa.

Il nostro “sopra ogni cosa” si chiama io. Fratelli, amiamo il Signore più del nostro io?

Meditiamo Filippesi 3 alla luce di queste parole. Chi segue Dio è nel paradiso, ma esso è solo per chi ha visto morire se stesso e ha deciso di donarsi a Lui. Non mani, né cuore, né mente, ma la sua persona intera.

Rinuncia e non consegna, nella libertà dei figli Dio.

* Filippesi 3: 1Per il resto, fratelli miei, state lieti nel Signore. A me non pesa e a voi è utile che vi scriva le stesse cose: 2guardatevi dai cani, guardatevi dai cattivi operai, guardatevi da quelli che si fanno circoncidere! 3Siamo infatti noi i veri circoncisi, noi che rendiamo il culto mossi dallo Spirito di Dio e ci gloriamo in Cristo Gesù, senza avere fiducia nella carne, 4sebbene io possa vantarmi anche nella carne. Se alcuno ritiene di poter confidare nella carne, io più di lui: 5circonciso l’ottavo giorno, della stirpe d’Israele, della tribù di Beniamino, ebreo da Ebrei, fariseo quanto alla legge; 6quanto a zelo, persecutore della Chiesa; irreprensibile quanto alla giustizia che deriva dall’osservanza della legge. 7Ma quello che poteva essere per me un guadagno, l’ho considerato una perdita a motivo di Cristo. 8Anzi, tutto ormai io reputo una perdita di fronte alla sublimità della conoscenza di Cristo Gesù, mio Signore, per il quale ho lasciato perdere tutte queste cose e le considero come spazzatura, al fine di guadagnare Cristo 9e di essere trovato in lui, non con una mia giustizia derivante dalla legge, ma con quella che deriva dalla fede in Cristo, cioè con la giustizia che deriva da Dio, basata sulla fede. 10E questo perché io possa conoscere lui, la potenza della sua risurrezione, la partecipazione alle sue sofferenze, diventandogli conforme nella morte, 11con la speranza di giungere alla risurrezione dai morti. 12Non però che io abbia già conquistato il premio o sia ormai arrivato alla perfezione; solo mi sforzo di correre per conquistarlo, perché anch’io sono stato conquistato da Gesù Cristo. 13Fratelli, io non ritengo ancora di esservi giunto, questo soltanto so: dimentico del passato e proteso verso il futuro, 14corro verso la mèta per arrivare al premio che Dio ci chiama a ricevere lassù, in Cristo Gesù.15Quanti dunque siamo perfetti, dobbiamo avere questi sentimenti; se in qualche cosa pensate diversamente, Dio vi illuminerà anche su questo. 16Intanto, dal punto a cui siamo arrivati continuiamo ad avanzare sulla stessa linea.17Fatevi miei imitatori, fratelli, e guardate a quelli che si comportano secondo l’esempio che avete in noi. 18Perché molti, ve l’ho già detto più volte e ora con le lacrime agli occhi ve lo ripeto, si comportano da nemici della croce di Cristo: 19la perdizione però sarà la loro fine, perché essi, che hanno come dio il loro ventre, si vantano di ciò di cui dovrebbero vergognarsi, tutti intenti alle cose della terra. 20La nostra patria invece è nei cieli e di là aspettiamo come salvatore il Signore Gesù Cristo, 21il quale trasfigurerà il nostro misero corpo per conformarlo al suo corpo glorioso, in virtù del potere che ha di sottomettere a sé tutte le cose.

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