Se Dio ci forgia per mandarci al mondo, lo fa per celebrare il Suo Nome e per chiamare a Sé altri figli.
Il servo fedele, quindi, incarna anche la Sua autorità, e con questa consapevolezza compie il suo specifico compito.
Ma, prima di essere una autorità, bisogna essere consapevoli che, a nostra volta, dobbiamo confrontarci con l’Autorità. Come potremmo essere autorevoli, se non si confida e affida al Signore in questo senso?
La buona autorità è chi ascolta il vero Capo, chi lo ama e nutre i sottoposti nello stesso modo che ha visto fare.
La buona autorità riconosce Dio come suo superiore, si umilia a Lui, lo lascia vivere al posto suo, e dirige gli altri con amore e decisione, che non sono più le sue.
Il vero capo sa che non domina gli altri, perché essi sono prima di tutto un dono per lui. I piccoli sono un dono per l’autorità!
Leggiamo con questa consapevolezza il vangelo di Giovanni 13, 1-20, nel quale si parla, tra l’altro, proprio del servizio. È Gesù il nostro modello di amore, ed è Lui, al tempo stesso, che ci prepara ad essere a nostra volta modello di amore e autorità.
* Giovanni 13, 1-5: 1Prima della festa di Pasqua Gesù, sapendo che era giunta la sua ora di passare da questo mondo al Padre, dopo aver amato i suoi che erano nel mondo, li amò sino alla fine. 2Mentre cenavano, quando già il diavolo aveva messo in cuore a Giuda Iscariota, figlio di Simone, di tradirlo, 3Gesù sapendo che il Padre gli aveva dato tutto nelle mani e che era venuto da Dio e a Dio ritornava, 4si alzò da tavola, depose le vesti e, preso un asciugatoio, se lo cinse attorno alla vita. 5Poi versò dell’acqua nel catino e cominciò a lavare i piedi dei discepoli e ad asciugarli con l’asciugatoio di cui si era cinto.
Dio manda Gesù al mondo. Gesù ama i suoi, fino alla fine. Per questo li nutre e li serve fino in fondo. Come? Con la Parola che monda, e con l’acqua che purifica.
Evangelizzare: è nutrire il prossimo con la Parola, generalmente.
Ma un discepolo non è un prossimo generico, bensì un eletto, che ha bisogno anche di una purificazione completa. Ecco perché Gesù predica alle folle, ma lava i piedi solo agli apostoli. Apostolo in greco significa “inviato”: Gesù forma i suoi uomini in un duplice modo, con Parola e acqua. Solo così possono essere a loro volta una guida per gli altri. Servi e guida al tempo stesso.
* Giovanni 13, 6-11: 6Venne dunque da Simon Pietro e questi gli disse: “Signore, tu lavi i piedi a me?”. 7Rispose Gesù: “Quello che io faccio, tu ora non lo capisci, ma lo capirai dopo”. 8Gli disse Simon Pietro: “Non mi laverai mai i piedi!”. Gli rispose Gesù: “Se non ti laverò, non avrai parte con me”. 9Gli disse Simon Pietro: “Signore, non solo i piedi, ma anche le mani e il capo!”. 10Soggiunse Gesù: “Chi ha fatto il bagno, non ha bisogno di lavarsi se non i piedi ed è tutto mondo; e voi siete mondi, ma non tutti”. 11Sapeva infatti chi lo tradiva; per questo disse: “Non tutti siete mondi”.
Mani, capo, piedi: il Signore è lì per lavare i piedi, non mani e capo. Perché? Vediamo la cosa dal suo punto di vista. Per lavare i piedi Egli si deve completamente abbassare, e infatti si era ben preparato a ciò.
I piedi sono la parte di noi più sporca, la zona meno nobile e più vicina a terra. Il Signore si fa più umile di piedi e terra, pur di purificarci. Egli si abbassa non per innalzare noi, ma per prepararci.
A fare lo stesso con il prossimo, a umiliarsi e a cedere. A non badare a diritti e a pretese. A servire solamente. Per forgiare gli apostoli, Gesù, dopo averli amati, descrive con questo gesto il servizio che anche loro si troveranno a svolgere di lì a poco.
Come è strano: fino ad allora Gesù non aveva dato altri compiti, se non quello di evangelizzare e di liberare. Adesso invece sigilla il loro futuro “lavoro” purificandoli con l’acqua e insegnando il vero servizio. Lo fa tra l’ultima cena e il calvario. Dopo la massima condivisione e prima del massimo dolore.
Pietro, come al solito, non comprende. Ma il suo zelo per il Signore si nota fra tutti. Basta lavare i piedi, ma lui non capisce. Mani e capo lo sono di conseguenza. Se uno capisce, infatti, che suo compito è servire il Signore, ha già fatto due scelte importanti: le sue mani sono per Lui e tutta la sua intelligenza per la Sua causa.
* Giovanni 13, 12-20: 12Quando dunque ebbe lavato loro i piedi e riprese le vesti, sedette di nuovo e disse loro: “Sapete ciò che vi ho fatto? 13Voi mi chiamate Maestro e Signore e dite bene, perché lo sono. 14Se dunque io, il Signore e il Maestro, ho lavato i vostri piedi, anche voi dovete lavarvi i piedi gli uni gli altri. 15Vi ho dato infatti l’esempio, perché come ho fatto io, facciate anche voi. 16In verità, in verità vi dico: un servo non è più grande del suo padrone, né un apostolo è più grande di chi lo ha mandato. 17Sapendo queste cose, sarete beati se le metterete in pratica. 18Non parlo di tutti voi; io conosco quelli che ho scelto; ma si deve adempiere la Scrittura: Colui che mangia il pane con me, ha levato contro di me il suo calcagno. 19Ve lo dico fin d’ora, prima che accada, perché, quando sarà avvenuto, crediate che Io Sono. 20In verità, in verità vi dico: Chi accoglie colui che io manderò, accoglie me; chi accoglie me, accoglie colui che mi ha mandato”.
Gesù è molto chiaro: chi lo segue conosce la Vita, ma in nome di essa va incontro anche a umiliazioni e sofferenza. Egli annuncia la loro eredità a tutto tondo. Gesù non promette una vita semplice a chi lo ha scelto, ma piena. Di Lui e non di loro stessi, in ogni caso e fino in fondo. Il Signore qui sta preparando i padri spirituali, che sono già tra i suoi, ma non tutti. Giuda non lo è.
Non importa qui chiedersi il perché, importa solo notare che Gesù gli lava i piedi lo stesso. Gesù dichiarerà solo dopo che Giuda non è tra i suoi, e non facendo neppure il suo nome preciso! Perché il Signore permette questo?
Perché vuole aumentare in noi la fiducia nel Padre: se il Padre ci affida una pecorella, noi la serviamo comunque. Come ha fatto Gesù. Quello che farà la pecorella, in un certo senso, non è affar nostro. Lo è invece servire il Figlio, come Lui ci ha insegnato, con quanti ha già stabilito.