Catechesi – PACE CON DIO

“Vi ho detto queste cose perché abbiate pace in me. Voi avrete tribolazione nel mondo, ma abbiate fiducia; io ho vinto il mondo!”. (Giovanni 16, 33)

  • C’è un tema caro a Dio che percorre tutta la bibbia e che più volte Gesù ribadisce ai Suoi discepoli, soprattutto prima di allontanarsi fisicamente da loro: la pace. Oggi non apprezziamo fino in fondo questo dono che solo Dio può darci, perché “pace” è una parola inflazionata, spesso relegata a slogan politici. La verità è che non possiamo trovare pace al di fuori di Dio, per cui, se Egli viene lasciato fuori, si avrà solo falsa pace.
  • Il termine greco usato qui e in tutto il nuovo testamento e tradotto con pace è eirenè. Essa vuol dire quiete, calma. Suggerisce tranquillità e riposo, prima che un semplice «cessate il fuoco». Noi siamo abituati a considerare la pace come una tregua dalle ostilità, ma la pace è molto di più. La pace non arriva improvvisamente, ma regna nella verità ed è frutto della fede. Ecco perché Gesù, nel versetto, richiama i discepoli ad avere fiducia. Il verbo usato è tharseoo, che significa anche essere coraggioso. Sembra un paradosso! Associamo istintivamente il coraggio al combattimento, non alla pace. Eppure la pace è la conseguenza di un giusto combattimento fatto per amore della verità, non per annientare il prossimo.
  • La pace è un processo prima che una vittoria; va conquistata e mantenuta. Infatti Gesù nelle beatitudini parla degli «operatori di pace», cioè coloro che si adoperano per essa. La beatitudine è riservata agli operatori, non ai pacifisti. Spesso per avere vera pace bisogna prendere di petto certe situazioni scomode, portare alla luce cose nascoste, essere disposti a perdere la considerazione degli uomini. Chi non vuole affrontare queste cose non è un vero figlio della pace, ma solo uno che vive di compromesso.
  • I cristiani non sono “figli dei fiori”, eppure molti ne hanno questa idea. Si immaginano i cristiani tutti intenti a non litigare, a non urtare la sensibilità degli altri, a farsi fondamentalmente gli affari propri. Ma questi non sono cristiani. I veri cristiani mettono a rischio tutta la loro vita per essere testimoni del Risorto. Antepongono Cristo a reputazione, vantaggi, affetti, favori e persino incolumità fisica. Il versetto di riferimento lo conferma: nel mondo i credenti hanno tribolazione (thlipsis, cioè oppressione e vessazione, azioni proprie di satana). Ma Cristo ha vinto il mondo!
  • La vittoria di Gesù deriva dal fatto che Egli è il principe della pace (Is. 9,5) e al tempo stesso un prode guerriero perché il nostro Dio è il Signore degli eserciti (Yhwh tzvaoth). Questo dettaglio ci aiuta a capire le Sue parole quando dice che Egli non è venuto a portare pace sulla terra ma spada e divisione (Mt 10,34; Lc 12,51). Dio non fomenta le guerre, ma crea inevitabilmente una linea di demarcazione: ci schieriamo con o contro Gesù?
  • E’ un dato di fatto: Gesù non porta la pace nel mondo (inteso come sistema di valori e mentalità lontani ed ostili a Dio), ma vuole assolutamente donarci la Sua pace nel nostro cuore. Finché Gesù non ritorna a sistemare questo mondo, noi siamo i Suoi avamposti. Il regno è nel nostro cuore, se lo vogliamo, e nel regno di Dio dimora la pace del Signore.
  • Dire “pace” è limitativo, perché deriva da pax (latino), una parola che indica un trattato tra due contendenti. Conoscendo la realtà bellicosa romana, è naturale che questo termine ne risenta. È molto diverso infatti dal greco eirenè, ma è ancora più evidente il contrasto con il termine ebraico che traduciamo con pace cioè shalom. Per capire a fondo la pace di Dio dobbiamo attingere alle radici del Suo popolo, Israele.
  • Shalom è anche usato come saluto presso gli ebrei, tant’è che spesso Gesù congedava persone guarite o perdonate con questo termine; lo stesso Paolo inizia o termina le sue lettere invocando la pace del Signore ai destinatari. Shalom oltre che pace indica completezza, prosperità, benessere. È una realtà che investe tutte le dimensioni della vita umana, perché per gli ebrei non c’è distinzione tra anima e corpo. Shalom è come le cose dovrebbero andare, quasi una preghiera affinché si ripristini la condizione dell’uomo nell’Eden. E qual era la cosa più bella dell’Eden? Che Dio camminava con l’uomo e ci parlava. Infatti per prima cosa lo shalom è avere pace con Dio!
  • Non ha senso parlare di pace tra popoli, tra membri di famiglia o di comunità, se prima ogni persona non ha pace nel suo rapporto con Dio! E questo è possibile solo tramite Gesù. Con il peccato originale la relazione tra Dio e l’uomo si era interrotta. Non c’era più pace. Grazie al sacrificio di Cristo, il rapporto tra l’uomo e Dio è stato ricucito e rinsaldato. Shalom conferma tutto ciò, perché Dio ha nascosto in questa parola un indizio per farci capire che ogni cosa si ricapitola in Gesù.
  • Infatti shalom ha come radice shlm, base per vari verbi che significano riappacificare, portare a compimento, ristabilire… e pagare, indennizzare. Insomma: c’è pace quando tutto è stato pagato, quando ogni debito è rifondato. Anche in italiano si parla di «quietanza di pagamento». Gesù ha pagato interamente il nostro riscatto: grazie a Lui siamo riappacificati con il Padre! Assimiliamo questa verità:«Giustificati dunque per la fede, noi siamo in pace con Dio per mezzo del Signore nostro Gesù Cristo» (Rm 5,1).
  • Non ci può essere pace per noi se non arriviamo a comprendere ed accettare questa verità. Invece siamo spesso concentrati a placare le situazioni di disagio intorno a noi, perché pensiamo che questa sia la garanzia della nostra tranquillità, ma non è così. Anche se tutto andasse per il verso giusto nella nostra vita, ci accorgeremmo che non siamo in pace se non siamo riconciliati con Dio tramite Cristo.
  • Paolo ne era ben consapevole. Prima di incontrare Gesù non aveva pace nel suo cuore e quindi si adoperava con zelo e foga nel giudaismo, tanto da terrorizzare i primi cristiani. Perseguitava, catturava, uccideva. Poi Gesù lo atterrò sulla via di Damasco. Da quel momento, Paolo trovò la vera pace nel suo cuore. Forse che intorno a lui le cose migliorarono? No. Anzi, peggiorarono notevolmente, in quanto egli si trovò a passare da persecutore a perseguitato! Ma niente di ciò che gli capitò (catene, prigionia, percosse, lapidazioni, naufragi…) minò mai quella pace che regnava stabile nel suo cuore.
  • Quanti di noi sono o sono stati come Paolo? Siamo credenti, ma ancora non abbiamo compreso e vissuto quella pace. Ce la siamo presa con tutti, perfino con noi stessi, perché c’è qualcosa che dentro di noi ruggisce e non ci dà tregua.
  • Poi però arriva Gesù. Con Lui, «tutto è compiuto» (tetelestai in greco, Gv 19,30). Questo verbo, teleoo, ha in sé tutti i significati del verbo ebraico con radice shlm: compiere, acquietare… e pagare! Insomma, l’ultima parola di Gesù sulla croce, prima di morire, è un grande shalom a tutta l’umanità, per acquietare la nostra coscienza e le nostre lotte interiori.
  • E non finisce qui! Gesù risorto appare ai discepoli riuniti in casa dicendo: «pace a voi!». Solo l’incontro con Gesù risorto può donare la vera, definitiva pace.