Catechesi – FEDE CON OPERE

“Abramo, nostro padre, non fu forse giustificato per le opere, quando offrì Isacco, suo figlio, sull’altare? Vedi che la fede cooperava con le opere di lui, e che per le opere quella fede divenne perfetta” (Giacomo 2, 21-22)

  • Leggiamo le lettere di Paolo e continuamente egli ci ricorda che l’uomo non è giustificato per le opere, ma per la fede. Poi arriva Giacomo, e ci dice che la fede da sola non basta, la giustificazione è completa con le opere. A chi dare retta? Trattandosi di brani della scrittura, non è possibile che Dio si contraddica. E infatti non lo fa. È solo che noi dobbiamo imparare a leggere ogni parola nello spirito e non nella carne.
  • Chi incontra Cristo, sente subito un innato bisogno di ripulirsi. Sa che Dio è tre volte santo e che nulla regge di fronte alla Sua santità. Così, spesso, si finisce per cadere nella rete di pratiche religiose volte a renderci migliori, più santi, più pii e devoti. È qui che interviene Paolo: proclama la sacrosanta verità che nessuno può rendersi giusto o puro agli occhi di Dio con i propri tentativi umani, qualunque essi siano. Solo la fede salva: basta credere che il sangue di Cristo è l’unica purificazione ed espiazione per tutti i nostri peccati. Paolo insiste molto su questo perché sa che forte è la tentazione di cadere nella religiosità, nelle opere della legge e quindi della carne.
  • In questo rischio cadono di solito i neo convertiti. Ma quando la verità della fede nel sacrificio di Cristo si fa finalmente strada nel cuore, arriva un’altra tentazione. Essa si manifesta più comunemente tra i credenti di lungo corso, quelli che hanno raggiunto una discreta maturità spirituale.
  • Infatti quando si è totalmente persuasi dell’inutilità delle opere della legge, si inizia a dormire sugli allori. Comincia a serpeggiare una sorta di rilassamento. Ci si bea di combattimenti e vittorie passate e si pensa a godersi un «meritato» riposo dalle fatiche della lotta spirituale. È a questo punto che la Parola di Dio scuote i credenti con la lettera di Giacomo! E, per farlo, prende ad esempio proprio il padre della fede, Abramo.
  • Di solito si pensa che la fede di Abramo si sia mostrata nell’attendere per decenni la promessa di un figlio nato da lui e da Sara. Certo, è stata una prova lunga e faticosa, ma era solo una parte. Il culmine della prova non è l’attesa: è il sacrificio. Infatti Giacomo cita proprio il sacrificio di Isacco!
  • Cosa sarà costato di più ad Abramo? Attendere per avere un figlio o immolarlo sull’altare? Ovviamente la seconda. L’opera di Abramo l’ha giustificato. Non parole di fede, ma un atto evidente e pratico. Il termine greco qui usato infatti è ergon. È un lavoro, un’esecuzione, un’occupazione. È la dimostrazione, la manifestazione esteriore di qualcosa di interiore.
  • Ma cosa distingue un’opera della carne da un’opera di fede e quindi dello spirito? La differenza non sta nel tipo di opera, che può essere, qualitativamente, la stessa. Ad esempio, fare un servizio pratico come assistenza, oppure la rinuncia a qualcosa. Ciò che le distingue è a fonte. Lo facciamo di nostra iniziativa per dimostrare qualcosa a noi stessi o agli altri? Allora è un’opera della carne. Lo facciamo perché ce l’ha espressamente indicato Dio e sarebbe l’ultima cosa che vorremmo fare? È un’opera dello spirito. L’opera di fede porta sempre alla morte del nostro io. L’opera della carne al contrario gonfia l’io.
  • Fede e opere (dello spirito) vanno a braccetto. Ce lo suggerisce il verbo tradotto come «cooperare», synergoo (da cui in italiano sinergia). Esso significa congiungere, legare insieme, abbracciare. La fede non può vivere in modo indipendente dalle opere; così come le opere senza fede sono chiaramente carnali.
  • Il modo in cui entrambe le cose funzionano è paragonabile al carburante (fede) e la macchina (opere). Il combustibile ha in sé energia e grandi potenzialità, che non possono manifestarsi finché non si gira la chiave di accensione. Del resto, la macchina senza carburante è inutile, non va da nessuna parte.
  • La prima cosa da fare è mettere il combustibile nel serbatoio: è l’inizio del cammino di fede. Ci si predispone con preghiere, pensieri e piccole azioni propedeutiche all’opera vera e propria. È ciò che ha fatto Abramo, svegliandosi di buon mattino, sellando l’asino, preparando la legna e partendo per il Moria (Gen 22,1-3). Non è ancora il sacrificio vero e proprio, in quei tre giorni di cammino Abramo avrebbe anche potuto tornare indietro. Chi mette la benzina nel serbatoio non è detto che poi decida di mettere in moto l’auto.
  • Ma Abramo va fino in fondo. Non sa che Dio lo fermerà all’ultimo secondo, eppure è davvero disposto a immolare Isacco.
  • Il Signore ci chiederà varie opere di fede nel nostro cammino, e in molte il nostro Isacco verrà davvero sacrificato. Ma la fede non tiene conto del costo, perché sa che tutto non finisce lì, sul Moria. Abramo esegue una richiesta apparentemente crudele e senza senso perché si fida di Dio. Lo conosce e sa che Egli è capace di risuscitare i morti. Questo ha permesso ad Abramo di andare fino in fondo.
  • La scrittura ci dice che proprio per le opere (dello spirito) la fede diviene perfetta. Il verbo usato è teleoo, che significa portare a termine, compiere. È lo stesso verbo usato da Gesù nelle Sue ultime parole: «tutto è compiuto». La perfezione non consiste nella scrupolosità legalistica, ma nel sì fino in fondo. La fede che non si concretizza in opere è vana, morta in se stessa. È come concepire e poi abortire.