Catechesi – COME AL TEMPO DI NOÈ (II)

“Figura, questa [acqua], del battesimo, che ora salva voi; esso non è rimozione di sporcizia del corpo, ma invocazione di salvezza rivolta a Dio da parte di una buona coscienza, in virtù della risurrezione di Gesù Cristo.” (1 Pietro 3, 21)

  • Subito prima di questo versetto, Pietro dà una sintetica descrizione della vicenda di Noè, specificando che nell’arca furono salvate 8 persone in tutto, per mezzo dell’acqua. Nell’originale greco si parla di anime (psychè) salvate, non di persone. A conferma che questo episodio è immagine della salvezza vera, quella dell’anima, prima che del corpo.
  • È interessante notare che Pietro parla dell’acqua come mezzo di salvezza, non dell’arca! Si sarebbe detto il contrario. Ma Dio non ha mai sviste. È proprio l’acqua che salva, tant’è che l’episodio di Noè è figura (in greco antitypon, cioè copia) del battesimo. Certo, pensando al rito del battesimo è immediato associare la salvezza all’acqua, anche se simbolicamente. Ma se invece consideriamo la vicenda di Noè, questo paragone non è così lampante. Si direbbe infatti che è l’arca che salva dalle acque, mentre esse non salvano, piuttosto distruggono.
  • Rileggiamo attentamente le parole di Pietro: «l’arca, nella quale poche persone, otto in tutto, furono salvate per mezzo dell’acqua» (v.20)…quindi le persone furono salvate nell’arca, per mezzo dell’acqua…
  • Comprendiamo così che la salvezza è l’incontro di due mani: quella grande e potente di Dio e quella nostra, piccola ma decisa! L’acqua è il volere imperscrutabile di Dio; l’arca è la risposta fiduciosa di Noè.
  • Di solito noi abbiamo un’errata idea della salvezza. Oscilliamo tra il volerci salvare da soli senza l’aiuto di Dio, e così ci buttiamo a fare opere non richieste; oppure ci paralizziamo immaginando che Dio ci trascini a corpo morto fuori dal pericolo. Entrambi i pensieri sono sbagliati.
  • Ripensiamo a Noè: riceve da Dio una notizia sconvolgente. Ma non cerca di salvarsi a modo suo, né dorme sugli allori. Semplicemente, segue le istruzioni del Signore e attende. Tutto qui. Tutto per fede! L’arca infatti è proprio il simbolo della fede. Come è scritto: nell’arca, cioè nella fede, le persone sono salvate.
  • Non dimentichiamo però che è per mezzo dell’acqua che arriva la salvezza. Quell’acqua rappresenta l’intervento potente e inimitabile di Dio. Nessuno può generare un diluvio tale da sommergere tutta la terra fin oltre le montagne più alte. Ed è solo tramite la potente Mano di Dio che tutto il male può essere spazzato via, che la terra può essere purificata per essere poi ripopolata con una stirpe giusta.
  • Comprendiamo ora meglio la similitudine con il battesimo. L’acqua rappresenta ciò che solo Dio può fare: strappare dalla morte e far rinascere dall’alto. La nostra fede (o quella dei nostri padrino e madrina) è l’arca costruita sulla Parola di Dio, dentro cui ci rifugiamo finché non appare la terra nuova!
  • Ricordiamoci: il diluvio ci sarà. Le prove impatteranno, i cataclismi si abbatteranno. Non si sa quando, ma è certo che accadranno. Solo se intanto costruiamo l’arca della nostra fede potremo stare sicuri quando le acque eromperanno. La situazione sarà tragica per chi non ha creduto agli avvertimenti; ma ancora peggio sarà per chi ha creduto all’arrivo del diluvio ma non ha agito di conseguenza, facendo opere di fede.
  • Pietro arricchisce la spiegazione sul battesimo, ricordando che l’acqua non serve per rimuovere la sporcizia del corpo, ma per la salvezza (conservazione, da soozoo) dell’anima. Il battesimo è definito «invocazione di salvezza»: quindi c’è una volontà di chiedere aiuto, c’è una volontà di agire nella fede. Il greco parla di domanda (eperootema), ma il termine significa anche promessa, assicurazione. E’ molto importante questo, perché ci fa capire che la nostra fede è sempre ben riposta in Dio! A una nostra domanda c’è sempre una risposta, ad un nostro atto di fede corrisponde sempre l’adempimento della Parola!
  • L’unica condizione richiesta per questa invocazione è che sia fatta con buona coscienza. L’aggettivo agathos significa certo buono, ma vuol dire anche onesto. Ovvero: non ci si può prendere gioco di Dio. Lui vede bene le nostre intenzioni, ed è oltraggioso chiederGli qualcosa con un doppio fine.
  • Ed ecco che Pietro completa il quadro, spiegando qual è il mezzo tramite cui si realizza la salvezza: la resurrezione di Cristo!
  • Quindi l’arca è la nostra fede, mentre l’acqua del diluvio è la resurrezione di Cristo! Nel greco non è scritto “in virtù di”, ma è proprio scritto per mezzo della resurrezione, come al v. 20 è scritto per mezzo dell’acqua. La resurrezione è l’intervento glorioso della mano di Dio, una cosa che solo Lui può fare. La resurrezione avviene dopo che c’è stata la morte in croce: non c’è gloria senza battaglia. L’ «assurdità» e la sofferenza della croce sono trasfigurate dalla resurrezione. Ora c’è un Uomo nuovo, un mondo nuovo.
  • Spesso rischiamo di parlare solo della morte senza la resurrezione ma questo è un messaggio incompleto. Siamo sempre molto concentrati (a giusto motivo) sulla croce di Cristo, ma ricordiamoci che il grande evento che ha cambiato la storia non è la morte di Gesù: è la Sua resurrezione! Dopo la morte di Gesù i discepoli erano convinti che tutto fosse finito. Ma dopo la resurrezione i discepoli diventano apostoli: sono inviati come testimoni di Cristo risorto!
  • Parlare di resurrezione significa automaticamente parlare anche della morte in croce, perché un evento è conseguenza dell’altro. Anastasis significa infatti non solo resurrezione e ricostruzione ma anche partenza, cacciata, distruzione. Il diluvio ha prima distrutto ogni male e poi ha purificato la terra per un nuovo inizio. Il sangue della croce e l’acqua della Vita sono entrambi necessari, parti di uno stesso piano. Per ricostruire in modo opportuno delle case malsane bisogna raderle al suolo e poi ricostruire. Dio non restaura semplicemente le cose: le fa nuove. Amen!

9f900b381cc2c4ee5e9b70a0e9361ded“Sali prima che sia troppo tardi – l’arca di Noè nel 21° secolo”