Un dono per te – Portare frutto I

  • È un’azione che dal Padre passa attraverso me e dà risultati concreti. È come una luce che mi avvolge e che fuoriesce dall’esterno. La luce non è infatti assorbita dal mio corpo ma, una volta che lo ha attraversato, è forte abbastanza per dirigersi verso altri punti.

Portare frutto è possibile perché Dio agisce in me, non trova ostacoli e può così fuoriuscire. Porto frutto non solo perché accolgo la Vita di Dio in me, ma anche perché permetto a tale Vita di sprigionarsi da me! Porto frutto in due tempi: il primo accogliendo la Parola di Dio, il secondo lasciandomi attraversare da tale Parola e facendola lavorare in me senza alcuna opposizione. Tale azione si concretizza in me e nel mio spirito, dando frutti di mansuetudine, mitezza, benevolenza, amore… e si concretizza anche nella mia relazione con gli altri. Questi infatti instaurano un rapporto non con me, ma con Dio che vive dentro di me e che ha avuto il mio permesso di agire.

Quando una persona mi si avvicina è mandata a me da due possibili entità: Dio o satana. In entrambi i casi, tale persona non è interessata direttamente a me, ma a Dio, di cui io sono figlia.

Se è Dio a mandarlo a me, tale uomo è inconsapevolmente attratto da ciò che Dio ha in mente per lui attraverso me. Sono questi gli incontri più belli della vita, quelli di vera comunione e condivisione. I due fratelli si riconoscono, perché attirati dalla stessa luce interiore e godono l’uno dell’appoggio dell’altro. Il mio portare frutto è, in questo caso, manifestare nei discorsi, nel comportamento, nello stile di vita, la Presenza di Dio in me, apportando così quell’aiuto che il fratello mi richiede. Porto frutto quando Dio, per mezzo mio, aiuta una pecorella in difficoltà o quando semplicemente è interessato a inserire la sua creatura nel giusto contesto per lei. Chi mi si avvicina ottiene un guadagno spirituale nel farlo, ma io mi accresco della Sua autorità, perché vedo trionfare la Vita di Dio in me.

Ma una persona può avvicinarsi a me perché inviata dal maligno, che vuole sabotarmi, rallentare la mia evangelizzazione, farmi soffrire e porre dei dubbi nel mio cuore. Anche in questo caso, la persona che incontro è un semplice e inconsapevole strumento, stavolta del nemico, che mette nel mio cammino tale uomo perché riconosce in me una matrice divina. Cosa fare in questo caso? Tagliare ogni contatto? In questa situazione è oggettivamente impossibile portare frutto? O si porta frutto anche in chi non viene da Dio?

Innanzitutto, ogni incontro tra persone va fatto sempre con discernimento. Un aiuto per capire di che tipo è la relazione è offerto da * 1 Giovanni 4, 6: Noi siamo da Dio. Chi conosce Dio ascolta noi; chi non è da Dio non ci ascolta. Da ciò noi distinguiamo lo spirito della verità e lo spirito dell’errore. È stato stabilito che la persona che hai di fronte non ti ascolta: non è interessata alle cose di Dio, ha una mentalità progressista e un credo politico distante, ha mille peccati da cui non si separerebbe mai. Come comportarsi?

Ricorda * Giovanni 1, 23 in cui Giovanni il Battista dice di sé: Io sono voce di uno che grida nel deserto: Preparate la via del Signore, come disse il profeta Isaia. E così io, come cristiana, ho il dovere di mettere in guardia e di annunciare l’arrivo del Signore, comunque la pensi il mio interlocutore. Devo, anche in questo caso, manifestare nei discorsi, nel comportamento, nello stile di vita, la Presenza di Dio in me. Non potrò aiutare concretamente, come faccio con chi viene dal Signore e con chi mi ascolta, ma aiuterò con la Parola di Dio chi ho di fronte. Essa agirà nei tempi e nelle modalità decise dal Cielo e a me sconosciute: così sarà della parola uscita dalla mia bocca: non ritornerà a me senza effetto, senza aver operato ciò che desidero e senza aver compiuto ciò per cui l’avevo mandata (* Isaia 55, 11). Così dice il Signore, e io bloccherei l’azione di Dio in me con il mio silenzio!