CASTITA’ E ATTESA

Aspettare l’incontro della vita, prepararsi a quel giorno, non solo in un atteggiamento ricco di desideri e di sogni, ma anche in un clima interiore di purezza e di ordine. Questo sia il nostro modo di vivere. Tutto sappiamo fare, meno che vivere la nostra esistenza nel rinnegamento dell’io e nella rinuncia ai piaceri mondani. Ma il Signore ci indica questa come strada preferenziale per prepararci in concreto alla futura vita matrimoniale. Come realizzare tutto ciò?

Per prima cosa invochiamo Dio e cerchiamo il Suo santo aiuto. Abbiamo particolarmente bisogno della Sua benedizione in una faccenda così delicata. Potremmo facilmente perderci senza il Suo consiglio e senza la Sua forza.

La castità è un modo di vivere, qualsiasi sia la nostra condizione. Da sposati, da fidanzati, da persone libere, bisogna essere casti.

Ciò avviene ogni volta che al primo posto non ci sono le nostre esigenze carnali, ma Dio in persona.

Cerchiamo però di chiarire un punto molto importante: essere casti non significa non fornicare, ma molto di più. Una persona può non fornicare e non essere casta per nulla. Perché? Perché la castità implica la morte dell’io più terreno.

Uno può non commettere atti impuri, ed essere al tempo stesso pieno di sé, usando questo terreno per vantarsi della sua superiorità sugli istinti e sulle altre persone, più deboli e più combattute in questo delicato punto. Questa non è vera castità.

Castità significa rinuncia al mondo e consegna dell’io più terreno a Dio. Questo gesto arriva a Lui come soave profumo, e così Dio è pronto a benedire il nostro futuro, e pure il nostro presente. Esso è fatto di Lui, che è Amore e inonda e fortifica il nostro animo.

Chi vive nel Signore è radicale e radicato in Lui profondamente. Questo costa un’enorme fatica e santifica il nostro gesto per Lui. La nostra è una morte voluta, desiderata e scelta, ogni giorno. Dio l’apprezza molto e la incoraggia. Ecco perché la benedice in noi per tutta la vita e ci dona tutte le Sue risorse per abbracciarla.

Il Signore dice: “Questa è la strada”. È la strada della vita, della comunione profonda con Lui, alla quale noi non vogliamo per nulla al mondo rinunciare. E ciò non avverrà.

Presto ciascuno di noi si sposerà, e l’astenersi non sarà più un “problema”. Ma è oggi che dobbiamo capire una cosa molto più importante: ciò che conta alla fine non è l’atto in sé, ma la morte del nostro io per Lui.

Anche da sposati il nostro io dovrà morire. Non per via dell’astinenza, ma perché non siamo più padroni del nostro corpo e del nostro piacere.

Per una donna, padrone del corpo è solo lo sposo. La moglie apparterrà a lui, non più a se stessa. Ciò non significa che il marito avrà il potere di far fare cose sgradite o contrarie alla volontà femminile, ma che è lui soltanto a godere di lei. La donna dona a lui se stessa e lui si prende cura di lei, per amore.

Se oggi la donna impara a morire a se stessa, sarà in grado di apprezzare la sua appartenenza al marito domani.

E lui? Anche lui morirà a se stesso nel matrimonio, perché spesso si piegherà per lei, per soccorrere le sue debolezze, rinunciando così ai suoi istinti e ai suoi desideri.

Non siamo ingannati in un punto: chi non conosce il Signore non muore a se stesso con facilità, e questi gesti d’amore sono destinati a rarefarsi, se Dio non li accompagna e non li asseconda. Solo chi ha scelto Gesù gode di questa importante benedizione nel matrimonio.

E noi ne godremo, perché abbiamo scelto Lui. Con lo sposo guarderemo al Signore, per crescere nell’intimità e nella coppia. Un corpo solo e un’anima sola, come è giusto.

* 1 Corinzi 7, 1-7: 1Quanto poi alle cose di cui mi avete scritto, è cosa buona per l’uomo non toccare donna; 2tuttavia, per il pericolo dell’incontinenza, ciascuno abbia la propria moglie e ogni donna il proprio marito. 3Il marito compia il suo dovere verso la moglie; ugualmente anche la moglie verso il marito. 4La moglie non è arbitra del proprio corpo, ma lo è il marito; allo stesso modo anche il marito non è arbitro del proprio corpo, ma lo è la moglie. 5Non astenetevi tra voi se non di comune accordo e temporaneamente, per dedicarvi alla preghiera, e poi ritornate a stare insieme, perché satana non vi tenti nei momenti di passione. 6Questo però vi dico per concessione, non per comando. 7Vorrei che tutti fossero come me; ma ciascuno ha il proprio dono da Dio, chi in un modo, chi in un altro.

* Efesini 5, 25-33: 25E voi, mariti, amate le vostre mogli, come Cristo ha amato la Chiesa e ha dato se stesso per lei, 26per renderla santa, purificandola per mezzo del lavacro dell’acqua accompagnato dalla parola, 27al fine di farsi comparire davanti la sua Chiesa tutta gloriosa, senza macchia né ruga o alcunché di simile, ma santa e immacolata. 28Così anche i mariti hanno il dovere di amare le mogli come il proprio corpo, perché chi ama la propria moglie ama se stesso. 29Nessuno mai infatti ha preso in odio la propria carne; al contrario la nutre e la cura, come fa Cristo con la Chiesa, 30poiché siamo membra del suo corpo. 31Per questo l’uomo lascerà suo padre e sua madre e si unirà alla sua donna e i due formeranno una carne sola. 32Questo mistero è grande; lo dico in riferimento a Cristo e alla Chiesa! 33Quindi anche voi, ciascuno da parte sua, ami la propria moglie come se stesso, e la donna sia rispettosa verso il marito.