Catechesi – RELAZIONE CON DIO

“Tutto mi è stato dato dal Padre mio; nessuno conosce il Figlio se non il Padre, e nessuno conosce il Padre se non il Figlio e colui al quale il Figlio lo voglia rivelare.” (Matteo 11, 27)

  • Gesù ci parla di Lui e del Padre; non c’è relazione più grande e più intima. Nessuno conosce il Figlio se non il Padre e viceversa. Ma non si tratta di un rapporto esclusivo o autoreferenziale che tiene fuori gli altri, anzi! Noi siamo inclusi in questo rapporto d’amore, non per meriti, ma per volontà di Dio. Egli è Amore e non può non amare ciò che crea.
  • Quello che conta è sempre e solo Dio e il nostro rapporto con Lui. Noi invece spesso siamo focalizzati su noi stessi, pensiamo di dover fare i salti mortali per piacerGli o per stare con Lui. Niente di più sbagliato. Dio desidera avere con noi un rapporto  sincero, non formale; insomma una relazione d’amore. Quando sbagliamo, non dobbiamo dolerci perché siamo mancanti, ma perché abbiamo incrinato un rapporto speciale con Dio. E dobbiamo recuperarlo subito.
  • Quando ci si innamora, anche di Dio, si vorrebbe cambiare per amore. Sotto la Sua luce ci vediamo limitati e sporchi, e quindi ci affanniamo per farci santi. È umano, ma è sbagliato. Non saremo mai degni di avvicinarci, solo per il sangue di Gesù lo siamo.
  • Le leggi o i precetti non cambiano la vita; le relazioni con le persone sì. Si finisce sempre per assomigliare alle persone che frequentiamo, nel bene e nel male. Lo stesso vale con Dio. È l’incontro personale con Gesù che rivoluziona tutto, e cambieremo inesorabilmente standoGli accanto! Siamo santi perché Lui è santo.
  • Questo versetto ci apre gli occhi su Gesù e ce lo fa conoscere in modo più vivido e diretto. Si parla della Sua perfetta sottomissione ed ubbidienza nei confronti del Padre, cose innegabilmente vere. Ma Gesù è vero Uomo oltre che vero Dio, con propri sentimenti. Ha vissuto le stesse lotte che viviamo noi, soprattutto quando la sua volontà umana strideva con il piano del Padre. Altrimenti, non avrebbe sudato sangue nel Getsemani.
  • Noi tendiamo a guardare a Gesù come ad un super uomo esente da tentazioni, ma questo è falso! Egli è esente da peccato, ma non è stato esente da tentazioni. Ha sperimentato in pienezza la condizione umana, senza esserne contaminato.Questo non sminuisce, anzi esalta ancora di più la grandezza di Gesù! Il Figlio non è il manichino del Padre, anche se purtroppo certe dottrine lo dipingono come tale. Quando si dice giustamente che le tre Persone della Trinità sono uguali e distinte, si sottolinea la grandezza di Dio, che incarna la perfetta unità.
  • Unità non vuol dire: uno da solo. Dio non è solo, e non vuole che nemmeno l’uomo lo sia (cfr Gen 2,18); unità sono due o più persone che vanno concordi (con lo stesso cuore) in un’unica direzione. L’unità non annulla l’individualità, ma fonde insieme più persone distinte. Questo significa anche riconoscere i ruoli di ciascuno e rispettarli.
  • L’uomo sfregiato dal peccato oscilla sempre tra due opposti sbagliati: l’individualismo e la massificazione. O si sta da soli e si fa repubblica per conto proprio, escludendo gli altri, oppure ci si appiattisce imitando passivamente il mondo. Entrambi questi estremi aprono le porte al disordine dei ruoli, nella famiglia come nella società, ovvero: ribellione, anarchia, tirannia.
  • L’unità vera tra persone nel rispetto dei ruoli è possibile solo in Dio, perché questa è una carateristica propria di Dio! C’è completo accordo tra Padre, Figlio e Spirito Santo, ma ognuno ha il Suo ruolo, e tutto ha origine dalla volontà del Padre. Tre Persone distinte che formano una perfetta unità.
  • Gesù è perfettamente sottomesso al Padre; ciò non vuol dire che non abbia una Sua volontà, ma che sceglie sempre di porre la volontà del Padre sopra la propria. Al tempo stesso, il Padre si fida talmente del Figlio che ha deciso di darGli ogni cosa. Anzi per meglio dire di sottoporgli (parecoo + ypo) tutto. Quindi, esclusivamente per concessione paterna, Gesù ha potere decisionale. Non è un diritto che si arroga, non è una Sua iniziativa personale. Ma poiché il Padre gli ha messo tutto nelle mani, Gesù sceglie.
  • Questo forse può sorprenderci, ma la scrittura è chiara: nessuno conosce il Padre se non il Figlio e colui al quale il Figlio lo voglia rivelare! Ovvero: al Padre si arriva solo dietro presentazione da parte di Gesù. Non c’è altro modo. È una rivelazione, non un ragionamento.
  • La volontà di Gesù si manifesta anche in altre occasioni, ad esempio nella scelta dei discepoli (Mc 3,13): «chiamò a sé quelli che egli volle». Se Gesù fosse un uomo come tanti altri, questi versetti ci desterebbero preoccupazione: quante volte siamo stati scartati o non accolti per arbitraria preferenza? Ma Gesù è anche vero Dio, e la scrittura ci dice chiaramente che Dio non fa favoritismi.
  • Come sempre, Gesù ci dà esempio di responsabilità. Anche se ha piena facoltà decisionale, cosa fa prima di tutto? Prega il Padre! Prima di scegliere i dodici passa l’intera notte a pregare (Lc 6,12-13), quindi possiamo stare certi che ogni scelta del Figlio è conforme alla volontà del Padre, perché suggerita dallo Spirito Santo!
  • Attraverso la Trinità siamo in grado di capire che Dio instaura una relazione con noi in modo diverso a seconda del nostro grado di maturità spirituale. È normale, anche i genitori terreni fanno così. Non se la prendono con un neonato se non sa fare le cose da solo, mentre si aspettano maggiori responsabilità man mano che i figli crescono. Questo accade nella storia personale di ognuno di noi ma anche nella storia universale del popolo di Dio. Ci sono tre fasi principali; il passaggio dall’una all’altra è questione di fede ed ubbidienza.
  • Nell’infanzia spirituale, Dio si rivela come Padre. Instaura una relazione molto «fisica» con noi, fatta di molti abbracci, baci e coccole spirituali, così come di sculacciate sonore. Ci parla tramite regole definite (la legge dell’antico testamento), per insegnarci a distinguere bene da male. In questo periodo ci tiene molto al sicuro nella Sua tenda, non ci manda da soli per il mondo, perché sa che non siamo pronti.
  • Durante l’adolescenza, Dio si rivela in Gesù come fratello maggiore ed amico fedele. La nostra identità di credenti si va formando, e Dio in questa fase è il nostro diretto modello, ci istruisce con esempi pratici e con esperienze di vita (i vangeli). Cominciamo a fare delle «uscite» con Lui per il mondo, ma brevi e sotto la Sua supervisione. Siamo limitatamente affidabili e le correzioni ci fanno responsabilizzare sulle conseguenze delle nostre azioni.
  • La maturità spirituale è l’epoca dello Spirito Santo. Ora la responsabilità nei confronti di Dio è massima, perché è il momento in cui veniamo inviati ufficialmente nel mondo come apostoli e ci vengono affidati dei piccoli. E’ tempo di mettere a frutto tutto quello che abbiamo appreso con la Parola e con l’esempio di Gesù. Dio ci parla ora con indicazioni pratiche, dirette, come a figli adulti che sanno comprendere. Dio sa che siamo creature fallibili, ma in questa fase siamo ritenuti responsabili ed affidabili, perché abbiamo imparato a dipendere interamente da Dio e dalla Sua potenza.