Catechesi – LA VIA DELLA FEDE

“Poi disse: “Quando vi ho mandato senza borsa, né bisaccia, né sandali, vi è forse mancato qualcosa?”. Risposero: “Nulla”. (Luca 22, 35)

  • Ultima cena. Gesù ha da poco istituito l’Eucarestia e ora sta parlando ai Suoi discepoli. Ogni parola detta da Gesù è importante, ancor più le ultime che pronuncia. È il congedo prima della morte e resurrezione.
  • Gesù sa che non finirà tutto con la sua morte, anzi: sorgerà l’alba di un nuovo giorno, l’era dello Spirito Santo. Ecco perché dà istruzioni ai discepoli, come un padre fa con i figli prima di partire. Lascia loro disposizioni, compiti e rassicurazioni finché non tornerà.
  • Il distacco rende tristi e incerti i discepoli, ma Gesù sa che questo è il vero bene: che Lui se ne vada. Essi si sentono smarriti, perché finora hanno fatto riferimento a Gesù per tutto. Lo hanno seguito, Lo hanno ascoltato. Il tempo trascorso insieme al Maestro è stata la loro formazione.
  • Ma un bravo maestro non è quello che insegna agli studenti a dipendere da lui, bensì prepara gli allievi a ciò che dovranno affrontare senza di lui! Gesù è un ottimo Maestro, perché ha accolto i piccoli ma ha sempre indicato il Padre, mai Se stesso. Lo scopo della vita di ogni figlio di Dio è quello di fare la volontà del Padre, e ci vuole sempre una speciale preparazione.
  • Il perché è presto detto: la volontà del Padre ci porterà a lasciare tutto. Certezze, affetti, comodità. A volte spinge perfino a deporre la vita fisica (come testimoniano molti nostri fratelli e sorelle cristiani nel mondo). Tutto ciò è un duro colpo al nostro io, che infatti muore ogni qual volta diciamo sì alla volontà di Dio e no alla nostra. Questo significa maturare nello spirito.
  • La crescita spirituale ha tempi dosati da Dio. Egli non ci affida compiti fuori della nostra portata, tiene conto del nostro grado di maturazione. Dio non lascia i figli piccoli in balìa di se stessi; ma quando sono grandi abbastanza dà disposizioni e se ne va. Non lo fa perché non li ama più, ma perché il Regno deve andare avanti. La maturità spirituale implica responsabilità che Dio affida quando siamo pronti.
  • Essere pronti non significa aver vinto un concorso, ma essersi spogliati della propria carnalità e delle proprie iniquità per dire un sì a ciò che non si conosce, ma a Chi si ama più di se stessi.
  • Prima di andarsene, Gesù chiede ai discepoli: «vi è forse mancato qualcosa quando vi ho mandato senza borsa, bisaccia, sandali?». Fa riferimento all’episodio descritto in Lc 10, 1-16, quando li aveva inviati in missione. Ovviamente non era mancato loro nulla. Gesù lo sa, ma interroga i discepoli perché vuole che essi si rendano conto. Quel primo invio era una prova, faceva parte della formazione. I discepoli sapevano di poter poi tornare da Gesù, una volta conclusa la missione; contavano sulla Sua presenza fisica al loro rientro.
  • E infatti quando tornano raccontano a Gesù tutto quello che hanno fatto (Lc 10,17-20): sono stupiti, contenti, eccitati. Hanno predicato, guarito, cacciato demoni. Pare loro di aver fatto cose indescrivibili (e certamente lo sono); ma in questo frangente i discepoli sembrano un po’ dei ragazzini di ritorno da una gita scolastica: hanno vissuto un’avventura al riparo della vigilanza dell’insegnante.
  • Ciò che viviamo durante il periodo di formazione spirituale è importante, ma ha ancora un impatto limitato. È come fare un errore in un compito di matematica: il danno che ne deriva è al massimo un brutto voto. Ma se uno fa lo stesso errore in un bilancio aziendale, le conseguenze sono ben più disastrose. Un errore da discepolo è meno grave di un errore da apostolo. Quindi non disprezziamo la nostra formazione, perché ci addestra per la vera vita nello Spirito.
  • Gesù se ne va, ma non ci lascia sguarniti. Sarà lo Spirito Santo a condurci, ed è bene imparare a riconoscere la Sua voce efficace ma delicata. Non dobbiamo assolutamente preoccuparci di esigenze o contingenze, perché tutto ci verrà fornito al bisogno. Ecco perché Gesù aveva mandato i discepoli senza borsa, né bisaccia, né sandali: per abituarli a non dipendere da se stessi, dalle proprie risorse fisiche o materiali, ma solo dalla Provvidenza del Padre.
  • I tre accessori citati nel versetto non sono casuali. Precisiamo che la borsa (ballantion) è in realtà il borsellino, dove stavano le monete; la bisaccia (pèra) è una sacca, dove riporre provviste o indumenti per il viaggio.
  • Se la missione fosse un viaggio di piacere, Gesù sarebbe il peggior tour operator del mondo: niente risorse finanziarie per il viaggio, niente provviste o ricambi. La maggior parte di noi sarebbe presa dal panico con queste istruzioni! Ci piace viaggiare e sognare di luoghi lontani, ma solo se tutto è prenotato, pagato, all inclusive. La gente ama i villaggi vacanze perché non ama avere imprevisti.
  • Ma andare in missione per conto di Dio non è una vacanza. Finché non capiremo questo, non saremo pronti. Portarsi dietro qualcosa è una forma di insicurezza spirituale, di incredulità: è pensare che Dio non provvederà alle nostre esigenze.
  • Il massimo della prova di fede però è la richiesta di non prendere con sé i sandali! Non sappiamo se Gesù intendesse di andare scalzi o semplicemente di non prendere un ricambio di scarpe… ma qualche riflessione ci può aiutare. Il termine greco è ypodema, che più precisamente è la suola, cioè un pezzo di cuoio su misura posto sotto la pianta e allacciato poi intorno al piede. Per estensione poi va ad indicare i calzari, le tipiche scarpe dell’epoca. La suola protegge i piedi dalle insidie della strada, come sassi o spine; è su misura, quindi perfettamente adattato al nostro confort (nessuno compra scarpe troppo strette o troppo larghe, pena problemi e disagi). Insomma, i sandali sono un accessorio prezioso ai nostri occhi!
  • Rinunciare al borsello e alla sacca da viaggio, con sacrificio, si può fare; ma i sandali! Come si fa a rinunciare ad essi!? Effettivamente è una richiesta di fede molto forte. Eppure, quando Gesù chiede ai discepoli se è mancato loro qualcosa, anche senza sandali, essi rispondono «nulla»! Il verbo mancare qui è ystereoo, che significa anche giungere tardi. Quindi Gesù sta dicendo che non solo non ci mancherà nulla, ma che niente arriva in ritardo con Dio. Il Suo tempo è sempre kairos, cioè il momento opportuno.
  • Ma perché proprio i sandali? Per due motivi. Primo: Gesù ci insegna non solo a rinunciare al superfluo, ma anche al necessario. Non per fare pratiche ascetiche o di mortificazione, ma per vivere nella libertà dei figli di Dio. Secondo: quando andiamo per la strada indicata dal Signore, stiamo calpestando suolo santo. E quindi, come Mosè sull’Oreb, Dio ci invita a toglierci i sandali (Es 3,5)! Così facendo saremo in pieno contatto con la volontà di Dio, senza filtri o protezioni, per toccare a fondo quello che Egli riserva per noi.
  • Ricordiamoci che la volontà di Dio è comunque una strada: ci sono polvere, sassi, spine o imprevisti. Ma non vuol dire che sia la via sbagliata, anzi! La presenza di questi elementi ne garantisce l’autenticità, perché una strada appianata e senza pietre conduce agli inferi (cfr Siracide 21, 10).