Catechesi – IL LEGNO E LE ACQUE AMARE

“Egli invocò il Signore, il quale gli indicò un legno. Lo gettò nell’acqua e l’acqua divenne dolce. In quel luogo il Signore impose al popolo una legge e un diritto; in quel luogo lo mise alla prova.”  (Esodo 15, 25)

  • Prima tappa di Israele, dopo aver attraversato il Mar Rosso. Ancora risuonano freschi i canti di gloria in onore del Signore, di come Egli ha separato le acque e sepolto tra i flutti l’esercito egiziano… eppure basta un imprevisto per far subito mormorare il popolo. Appena partiti, già sorgono le lamentele.
  • Il luogo in cui giungono si chiama Mara (mrim), proprio perché le acque che ospita sono amare, imbevibili (mre). Così Israele mormora contro Mosè, il quale subito si rivolge al Signore. Dio indica a Mosè un legno; il patriarca lo getta nelle acque di Mara, che diventano dolci. La semplicità di questa soluzione nasconde un riferimento molto forte al mistero di salvezza di Cristo. Si parla di legno (nell’originale è albero), che fa subito pensare alla croce.
  • Quello di Mara è solo il primo dei tre principali episodi legati all’acqua durante la traversata nel deserto. Ognuno di essi è una tappa di prova e di progressiva rivelazione. Gli altri due si svolgono a Refidim, poi rinominata Meriba.
  • Mara è un luogo di prova per Israele, ma soprattutto per Mosè. Infatti egli è la guida del popolo, e il Signore sa che la cosa più importante è che il patriarca per primo si fidi del Signore. Se il capo designato non segue le istruzioni, come può farlo il popolo? Fino al mar Rosso, Mosè certamente ha seguito le indicazioni di Dio compiendo cose prodigiose. Egli sapeva di essere stato scelto come liberatore di Israele dalla schiavitù; ma ora lo scenario cambia. Il popolo non è più schiavo, ma va comunque guidato.
  • A noi sembra scontato che Mosè dovesse essere la guida di Israele fino alla terra promessa, ma non dimentichiamo che Mosè era un uomo come noi. Aveva anch’egli i suoi momenti di dubbio o di sconforto. Le mirabolanti imprese compiute da Dio per mano sua avrebbero potuto fargli girare facilmente la testa. Inoltre, la traversata del mar Rosso segna un passaggio, un cambiamento permanente. Ora di fronte c’è il deserto, regno della precarietà e dell’incertezza: luogo perfetto per testare e rafforzare la fede in Dio.
  • Mosè era esperto dell’Egitto (era stato cresciuto a corte) e pur con titubanza iniziale si era dimostrato perfettamente in grado di fronteggiare il faraone. Ma ora, guidare un intero popolo attraverso il deserto è un’altra storia. Ecco perché diventa vitale che il capo si fidi interamente e totalmente del Signore. In Egitto, Mosè poteva sfruttare le sue vecchie conoscenze e metterle a servizio per la causa di Dio; nel deserto esse non gli servono a nulla.
  • Il testo ebraico mostra in effetti la possibilità che si parli solo di Mosè messo alla prova e non dell’intero Israele. Perché nel versetto citato non si parla mai di «popolo» (il termine è aggiunto nella traduzione), ma sempre e solo di un generico «lui». Alla lettera: «in quel luogo il Signore pose per lui una legge e un giudizio; in quel luogo lo mise alla prova»; il che è la naturale prosecuzione della precedente frase, in cui il soggetto è sempre e solo «lui», cioè Mosè.
  • Quale legge e quale giudizio? È spiegato nel v. 26. Dio dice a questo famigerato «lui» che se ascolterà la Sua voce e eseguirà i Suoi comandi allora non dovrà subire le infermità inflitte agli egiziani. È un’indicazione valida anche per tutto il popolo, ma ancora esso non è pronto. È appena scappato dall’Egitto, è prostrato da 400 anni di schiavitù. Lo scopo di Dio è portare tutto Israele al Sinai e per dare loro ogni indicazione e stabilire un’alleanza.
  • Ma nella prima tappa, a Mara, ciò che conta è che Mosè riconfermi la sua posizione di uomo fedele a Dio. A noi la prova di Mara può sembrare banale, ma non dimentichiamo che Mosè era da solo di fronte a migliaia di persone assetate. Inoltre Mosè era abituato a prodigi spettacolari per mano di Dio, come le piaghe d’Egitto o la divisione delle acque del mar Rosso; per cui gettare un banale legno nell’acqua doveva davvero essere una prova di fede. Sembra assurdo, ma ci vuole fede anche per eseguire un comando semplice, soprattutto se siamo abituati a fare cose eclatanti per Dio…
  • Questo episodio ce ne richiama un altro alla mente: il battesimo di Gesù. Perché? Perché il Battista sulle rive del Giordano è figura di Mosè alle acque di Mara: un uomo seguito da grandi folle, un profeta che ha avuto rivelazioni da Dio, ma che viene messo alla prova di fronte alla sconvolgente semplicità del piano di salvezza.
  • Sia Mosè che Giovanni non hanno idea di chi o che cosa possa essere strumento di salvezza del popolo di Israele tormentato dalla sete (materiale e spirituale). Giovanni lo dice apertamente: «Io non lo conoscevo, ma sono venuto a battezzare con acqua perché egli fosse fatto conoscere a Israele (Gv 1,31). Giovanni si trova sulle rive del Giordano così come Mosè alle acque di Mara affinché il piano di Dio si compia tramite loro. Essi però non sanno inizialmente come.
  • È il Padre che indica ad entrambi la soluzione: un legno per Mosè, un falegname galileo per Giovanni. L’indicazione di Dio è il primo passo; deve seguire la scelta personale. Credere che un legno possa sanare delle acque? Credere che quel falegname è il salvatore? La folla circonda i due uomini scelti da Dio, ma in quel momento la prova è tutta per Mosè e per Giovanni. Alla fine, Mosè getta il legno nell’acqua, e Giovanni immerge Gesù nel Giordano.
  • Molti si sono interrogati sul significato e sull’ effettiva necessità del battesimo di Gesù; perfino il Battista se lo chiede (Mt 3,13-15). Tutto sta a vedere le cose dalla prospettiva di Dio e non da quella umana, perché ciò che sembra assurdo è invece il piano di salvezza.
  • Gesù si fa immergere nelle acque non perché ne abbia bisogno, ma per risanarle!

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  • Il popolo era sceso al Giordano per essere battezzato e vi aveva simbolicamente depositato tutti i propri peccati. Questo era il primo passo di purificazione, la volontà di cambiare vita. Ma senza un filtro che depuri le acque, esse rimangono contaminate e il popolo rischia di morire di sete. Ecco perché Gesù si fa immergere. Solo Lui può assorbire tutte queste lordure e rendere nuovamente potabili le acque. L’opera viene portata a compimento sulla croce per l’intera umanità, ma inizia al Giordano. Gesù da questo momento in poi dà vita al Suo ministero, risanando e liberando.
  • Analogamente, a Mara comincia l’opera santificatrice di Dio dopo la schiavitù. Non è un caso che proprio qui, dopo che il legno ha risanato le acque, il Signore si riveli a Mosè come Yhwh-rafà, il Dio che guarisce! Il “premio” per questa prova superata è l’arrivo alla tappa successiva, Elim, dove ben 12 sorgenti e 70 palme attendono Israele (simbolo di salvezza universale: 12 come le tribù di Israele e 70 come le nazioni pagane di allora)!
  • Mara è solo il primo passo di un cammino di fede. Inizialmente, le prove riguardano principalmente la guida di Israele; il popolo sta sullo sfondo e gode dei benefici derivanti dalla scelta di Mosè. Ma i passi successivi chiamano in causa tutti, perché ognuno deve assumersi le proprie responsabilità di fronte a Dio: guide e sottoposti.