Catechesi – CARITA’ NELLA SOTTOMISSIONE

“Obbedite ai vostri capi e state loro sottomessi, perché essi vegliano su di voi, come chi ha da renderne conto; obbedite, perché facciano questo con gioia e non gemendo: ciò non sarebbe vantaggioso per voi.” (Ebrei 13, 17)

  • Le cose sarebbero più semplici se ognuno prendesse il proprio posto nell’ordine stabilito da Dio e facesse quanto viene richiesto alla propria posizione. Evidentemente, non è così. Anche tra i cristiani. Abbiamo la grazia di poter essere istruiti da Dio, ma ci comportiamo come il resto del mondo.
  • L’ordine divino (che è sempre una gerarchia, in quanto si tratta di un regno) è inscritto in tutto il creato; il maligno ha però influenzato la mentalità comune, esordendo nella storia con lo scopo di rovesciare le gerarchie. Il sistema del mondo rema contro l’ordine divino, a prezzo però salatissimo.
  • I cristiani dovrebbero essere da esempio. Ma non possono insegnare al mondo l’ordine divino se essi non lo mettono in pratica nelle loro famiglie o comunità. Del resto le numerose esortazioni della Scrittura sono per i credenti! E ciò che viene più frequentemente ripetuto è proprio l’invito alla sottomissione e all’ubbidienza.
  • Sottomissione ed ubbidienza non sono la stessa cosa. La sottomissione riguarda il cuore, l’ubbidienza le azioni. Entrambe sono importanti, ma il primo passo è la sottomissione. Infatti possiamo vantarci di aver eseguito tutto quello che ci è stato richiesto dai nostri superiori o da Dio stesso, ma non ha senso se l’abbiamo fatto con astio, lamento o solo per dovere.
  • La sottomissione è una condizione perdurante nel cuore, propria di chi vuole ascoltare ed obbedire. Dopodiché è bene che seguano le azioni, perché l’ubbidienza è la manifestazione evidente della nostra sottomissione. Non ha senso dire di essere sottomessi e poi non ubbidire!
  • C’è un solo caso in cui non è lecito obbedire ad un’autorità e cioè se essa ci chiede di fare qualcosa che infrange i comandamenti di Dio (es. mentire, rubare ecc.). In questo caso, anche se non si obbedisce per leciti motivi, bisogna rimanere sempre sottomessi, rispondendo con rispetto e pregando per la propria autorità affinché sia illuminata da Dio.
  • Paolo nel versetto è molto chiaro: ribellarsi non porta alcun vantaggio… ai sottoposti! Chi ci guida può essere frustrato o intristito dalla nostra ribellione, ma non riceverà danno se ci ha avvisato e cercato di consigliare. Il danno sarà solo nostro perché Dio onora e protegge chi ubbidisce.
  • Il versetto in greco dice esplicitamente che i capi (le guide) vegliano sulle nostre anime (psychè): quindi si preoccupano di correggere i nostri pensieri errati, consolano o esortano i nostri sentimenti e consigliano la nostra volontà. Ma essi non vigilano sul nostro spirito, lo dobbiamo fare noi!
  • Questo è molto importante da capire perché tutti siamo dotati di libero arbitrio. In una comunità si cresce, si viene guidati, ma poi ognuno dà il proprio sì o no individualmente davanti a Dio. Anche la guida di cui ci fidiamo di più, o che amiamo di più (es. nostro marito), non può sostituirsi a noi. Quindi ognuno vigili sul proprio spirito e sul proprio rapporto personale con il Signore e poi sia sottomesso alle autorità che Dio ha posto sopra di lui/lei.
  • Un’autorità non riceve danno spirituale se una pecora vuole ostinatamente perdersi; però potrebbe scoraggiarsi. Ecco perché Paolo richiama tutti alla carità fraterna, che non è solo prendersi cura dei piccoli, ma anche obbedire ai superiori! Infatti che senso ha far esasperare le proprie guide? Perché ostinarsi ad essere egoisti tanto da comportarsi come palle al piede?
  • Questo non vuol dire che se uno ha una difficoltà non deve chiedere aiuto. Ma è opportuno che poi segua ciò che gli viene consigliato, perché il cuore di un’autorità è nelle mani di Dio per il bene di chi viene guidato!