Catechesi – VERSO L’OASI

“Se dovessi camminare in una valle oscura, non temerei alcun male, perché tu sei con me. Il tuo bastone e il tuo vincastro mi danno sicurezza.” (Salmo 22/23, 4)

  • Il famoso e bellissimo salmo di Davide, «il Signore è il mio pastore», è talmente popolare che rischiamo di ripeterlo senza pesare accuratamente le sue parole, ricche di significato. Tra tutti i versetti è stato selezionato il num.4 perché è la parte più intensa di tutto il salmo; ma è bene analizzarlo in toto.
  • Intanto, «il Signore è il mio pastore»: ecco un altro dei numerosi nomi di Dio rivelati dalla bibbia, per farci conoscere tanti aspetti di Lui. In ebraico è Yhwh-rohi. Rohi è sia un nome che un verbo, quindi significa pastore ma anche pasturare. Ci ricorda che Dio non è un’entità distante o passiva, ma una Persona che si prende attivamente cura delle Sue pecore.
  • Non solo. Rohi per estensione può significare anche amico, compagno, ed è proprio così che viene tradotto in Esodo 33,11, quando si dice che Dio parlava faccia a faccia con Mosè come fa un uomo con il suo amico! Insomma: Dio ci precede, ma non come una guida turistica, che snocciola informazioni ai viaggiatori senza curarsi se hanno capito o no; li accompagna ma non instaura una relazione speciale e personale con loro. Non è così con Dio.
  • I «pascoli erbosi» sono una versione occidentalizzata dell’originale, che parla invece di oasi! Per noi è più familiare pensare ad un gregge di pecore in un pascolo di montagna… ma questa trasposizione è limitante. Infatti un conto è trovare uno spiazzo erboso alla fine di un bosco di conifere, un conto è trovare un’oasi nel deserto! Non c’è proprio paragone. L’oasi è tutto per gli abitanti delle zone desertiche del medio-oriente. Solo in essa è possibile trovare acqua e frutti succosi, mentre all’intorno c’è solo aridità, sete e morte.
  • Analogamente, essere guidati da Dio «su sentieri di giustizia» (v.3) non è cosa da poco. Diversamente dalle nostre montagne, il deserto non ha sentieri. Ogni traccia si perde sulla sabbia o sulle rocce. È impossibile attraversare un deserto senza una guida: si muore. Quindi solo Dio può portarci sani e salvi da un’oasi all’altra.
  • Con questi chiarimenti, il versetto di riferimento assume tutta un’altra forza. La «valle oscura» è in realtà letteralmente il burrone dell’ombra della morte! Il deserto di notte è insidioso tanto quanto di giorno pieno, forse ancor di più, a causa dell’oscurità. Non è solo un problema di mancanza di visione, ma anche di temperature: il deserto di notte è freddissimo. Il salmista qui parla di burrone, un luogo impervio da cui nessuno può scappare se non viene tirato su da qualcun altro. Tutti questi elementi ci fanno inequivocabilmente capire che abbiamo bisogno estremo del Dio che salva. Non è un optional!
  • Menzione importante da fare sugli attrezzi del pastore: bastone e vincastro. Essi sono prima di tutto strumenti utili per il pastore, che infatti si appoggia al bastone per camminare o per saggiare il terreno. Ma sono anche il punto di riferimento per le pecore, soprattutto il vincastro, tramite cui il pastore richiama gli indisciplinati del gregge. Infatti esso è un bastone flessibile, ricurvo in cima tramite cui il pastore «aggancia» le pecore che si disperdono o scaccia lupi o altri animali.
  • Il salmo prosegue con immagini di grande abbondanza, protezione, sicurezza, gioia, tutte cose possibili solo per chi fa parte del gregge del Signore, per chi abita stabilmente nella Sua casa (vv.5-6).
  • Ma quello che colpisce di questo salmo è l’evolversi della relazione tra la pecora e il suo Pastore, soprattutto tra i vv.1-3 e i vv.4-5. Il salmo inizia con Davide (la pecora rappresentativa) che parla del Signore in terza persona. È come se stesse testimoniando agli altri o forse ricordando a se stesso il primo approccio avuto con Dio. È la nostra prima conversione: percepiamo in modo distinto e continuo la presenza del Signore, niente ci manca. Siamo repentinamente passati dal deserto all’oasi dell’acqua che zampilla per la vita eterna. Impariamo a conoscere la bibbia (i sentieri di giustizia) e a rivolgerci a Dio come persona vera.
  • Poi qualcosa cambia nello scenario, perché inevitabilmente le prove arrivano, e il crogiolo serve per affinare la nostra fede. Ma ecco la sorpresa: Davide non parla più del Signore in terza persona! Ora salmeggia direttamente con Lui, dicendoGli: «tu sei con me». Perché è accaduto questo? Perché è nell’occhio del ciclone che facciamo il vero incontro con Dio. A tu per tu. Senza più maschere, senza più pretese assurde di volerGli piacere, senza più tentativi di volercela fare da soli. È nel baratro dell’ombra della morte che la Luce di Dio sfolgora ancora più luminosa!
  • Da questo momento in poi la nostra relazione con Dio non sarà più la stessa perché la vera intimità è stata stabilita, la vera appartenenza a Lui. Ora Davide non parla più solo di Dio, ma parla con Dio!
  • Nell’ultimo versetto Davide ritorna a parlare del Signore in terza persona, ma le cose sono cambiate. Adesso non si tratta più di enumerare gli evidenti e generosi benefici del Signore, ma di testimoniare la cosa più importante: il dimorare della presenza di Dio.
  • È normale avvicinarsi a Dio per la prima volta con la speranza di ricevere una grazia, un beneficio, una guarigione. Ma questo atteggiamento non può protrarsi, altrimenti vuol dire che la relazione non si è approfondita, è ancora ad uno stadio superficiale. Il Signore brama entrare in intimità con noi, e questo dovrebbe essere la cosa che più di tutte ci fa battere il cuore! Tutto il resto… è un sovrappiù.