Cibo e volontà

31Intanto i discepoli lo pregavano: “Rabbì, mangia”. 32Ma egli rispose: “Ho da mangiare un cibo che voi non conoscete”. 33E i discepoli si domandavano l’un l’altro: “Qualcuno forse gli ha portato da mangiare?”. 34Gesù disse loro: “Mio cibo è fare la volontà di colui che mi ha mandato e compiere la sua opera. (Giovanni 4, 31-34)

Gesù pronuncia queste parole al pozzo di Sicar. La samaritana, con cui ha appena parlato, è partita per chiamare i suoi concittadini, mentre i discepoli, che erano andati a far provviste (Gv 4, 8) sono da poco tornati. E’ mezzogiorno; fa caldo e Gesù è stanco del viaggio (Gv 4,6); eppure non mangia e non beve. Ogni Suo bisogno fisico passa in secondo ordine, poiché Egli si nutre per prima cosa della volontà del Padre! C’è un disegno; ci sono persone che devono essere salvate. Tutto il resto può aspettare. Gesù sapeva che al pozzo sarebbe arrivata la samaritana; sa che gli abitanti di Sicar presto giungeranno da Lui, invitati dalla donna. Egli è al corrente di queste cose perché è sempre in ascolto del Padre. Conoscere la volontà di Dio è importante, ma non serve a niente se poi non vi si aderisce con la propria volontà, anche se costa dei sacrifici.

C’è una relazione molto stretta tra cibo e volontà: non è un caso che le tentazioni più famose ed importanti riguardino proprio l’atto del mangiare. Esso è uno dei più importanti dell’esistenza umana, che cela in sé implicazioni molto forti.

La volontà è la parte dell’anima che caratterizza pienamente una persona, perché è la sua essenza: ciò che l’uomo vuole, manifesta ciò che egli è realmente. Nella volontà si svela la grandezza e al tempo stesso l’abisso umano: volere il bene o volere il male. Dirigere la propria volontà in una direzione significa scegliere. Gesù si nutre della volontà del Padre perché ha scelto di sottomettere la sua volontà di uomo a quella di Dio.

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