Cuori feriti ed agonizzanti

33Invece un Samaritano, che era in viaggio, passandogli accanto lo vide e n’ebbe compassione. 34Gli si fece vicino, gli fasciò le ferite, versandovi olio e vino; poi, caricatolo sopra il suo giumento, lo portò a una locanda e si prese cura di lui. (Luca 10, 33-4)

Senza Gesù accanto, noi possiamo solo constatare lo stato del nostro cuore: ferito, spezzato, malato, ignorato. Quando ripensiamo ai torti subìti, alle mancanze d’amore, alle perdite di persone che abbiamo amato, ai tradimenti vissuti, ci stiamo auto-analizzando, senza averne però le competenze. Pensiamo di poter accomodare il nostro cuore da soli, ma le nostre soluzioni non fanno altro che peggiorare la situazione. Utilizziamo palliativi per cercare di non soffrire ancora, ad esempio ignorando la realtà e nascondendoci; occultando ogni sentimento nel profondo di noi stessi; reagendo con collera ed amarezza. Ma ognuna di queste cose è sbagliata ed inutile. La verità è che noi non possiamo curare il nostro cuore e le nostre ferite: soltanto Dio può. Solo Lui può restaurare ciò che ha creato.

Prima di incontrare Gesù, eravamo morti ambulanti. Il nostro cuore sanguinava e i nostri occhi non vedevano, perciò non potevamo amare e non capivamo dove stavamo andando. Eravamo paralizzati a causa della paura, oppure lebbrosi con arti mancanti a causa della nostra impurità ed iniquità.

Poi arriva Gesù. Non sappiamo perché è venuto, forse qualcuno ha interceduto per noi. Oppure siamo stati noi a fare il primo passo, devastati e indeboliti dalle continue emorragie del nostro cuore ferito. Con umiltà, senza tanti protagonismi, magari con una preghiera silenziosa, tremanti ci avviciniamo a Dio, sperando che possa fare la differenza nella nostra vita. E, ovviamente, Gesù fa la differenza, perché quando arriva Lui, tutto cambia.