La figlia di Giairo e l’emorroissa, ovvero: come Gesù guarisce i cuori (III)

L’emorroissa rappresenta la parte del cuore in cui risiede la nostra capacità relazionale. Essa comincia a sanguinare non appena nasciamo perché, in un modo o nell’altro, anche le persone che ci vogliono più bene ci feriscono. Ecco perché l’emorroissa comincia ad avere perdite non appena la figlia di Giairo nasce. Finché siamo neonati, non abbiamo consapevolezza della nostra identità, e viviamo specchiandoci nelle relazioni a noi più vicine. Quante ferite risalgono ai nostri primi mesi di vita…

La nostra vulnerabilità ha origine dentro la famiglia e si estende poi nei nostri rapporti con gli altri. Se veniamo facilmente feriti nel mondo è perché lo siamo, o lo siamo stati, a casa. Un fallimento professionale, un rimprovero di un collega o di un estraneo non ci getteranno nello sconforto tanto quanto il disprezzo o le sofferenze inflitteci da un nostro congiunto. Ciò accade perché istintivamente riponiamo tutta la nostra fiducia su una persona che, per quanto cara, è però umana come noi e quindi imperfetta, limitata, mancante.

E’ capitato a tutti di vivere delle situazioni spiacevoli; finché siamo sulla terra, le prove fanno parte della vita. Tuttavia, nulla ci fa soffrire così tanto quanto le incomprensioni in seno alla famiglia. E’ molto doloroso vivere nella freddezza o nel disaccordo in casa; figuriamoci se a ciò si aggiungono varie altre prove dall’esterno.

I nostri sanguinamenti spirituali non si attenuano quando entriamo in relazione con il mondo e con le persone che lo popolano, anzi tendono a peggiorare. Cerchiamo di mescolarci tra la folla, per dimenticare i nostri disagi familiari; il mondo ci attira con le sue false promesse di felicità, ma si tratta solo di inganni e di trappole tese dal maligno. Ci immergiamo in relazioni sbagliate o facciamo scelte avventate, e l’emorragia si fa più intensa. Per lenire le nostre sofferenze chiediamo aiuto a tante persone, quelle sbagliate. Speriamo che esse possano aiutarci, ma in realtà non fanno altro che peggiorare la situazione (Marco 5,26).

Alla fine, tutto quello che riusciamo a fare è isolarci o confonderci tra la folla sperando che nessuno noti la nostra sofferenza. Le perdite ci tolgono via le forze, ma noi vogliamo resistere, cercando di nascondere anche a noi stessi la realtà. Un giorno però arriviamo ad un punto in cui non possiamo più occultare le sofferenze in cui siamo immersi. Gli altri si accorgono di qualcosa di strano, e cominciano ad evitarci: da compagni di divertimento si trasformano in giudici spietati.

Alle ferite provocateci dagli altri, infine, aggiungiamo quelle inferte da noi stessi. Ci sentiamo sbagliati ed finiamo per autopunirci o condannarci. Pensiamo che se siamo in quello stato è perché ce lo siamo meritato…

L’emorroissa è bloccata nelle sue relazioni su tutti i fronti. Non può toccare nessuno, né essere toccata. Non può ricevere affetto; non può diventare madre. Il suo corpo e il suo cuore sono impossibilitati a ricevere e dare la vita.