La guarigione di traumi recenti o subìti da adulti è più semplice; il problema grosso invece sono le ferite inferte nell’infanzia dalla famiglia. La prima e “spontanea” guarigione che Gesù opera nel cuore riguarda la nostra capacità relazionale (l’emorroissa), anche se l’obiettivo principale di Dio è quello di tasfigurare la parte in cui risiede la nostra vera identità (la figlia di Giairo). Gesù ha come obiettivo il centro del nostro cuore, e, mentre passa, guarisce tutto ciò che incontra. Risanare le ferite è importante; ma lo è ancor di più far risorgere ciò che è morto!
La sorprendente guarigione dell’emorroissa avviene durante il tragitto di Gesù verso la casa del capo della sinagoga. Quello con l’emorroissa è un incontro imprevisto, eppure il miracolo avviene comunque: l’onta dell’impurità della donna è rimossa. Gesù le dà un nuovo status: ora è figlia di Dio (Lc 8,48), non un’ombra tra la folla, e il passato è alle spalle. Qualunque cosa sia successa prima, è solo un ricordo, ma è necessario proclamare pubblicamente la guarigione. L’emorroissa riesce a “strappare” un miracolo in totale anonimato; se Gesù non le avesse chiesto di rivelarsi, lei non l’avrebbe mai fatto. Ma la testimonianza della donna dà gloria a Dio, conferma la guarigione, rafforza la sua fede e quella degli astanti, tra cui c’è il preoccupato Giairo. Non dobbiamo avere timore di testimoniare i nostri errori, perché ciò può dare coraggio a chi è nella prova o ammonire chi sta sbagliando. Inoltre, non ha senso fingere di essere stati puri o santi… solo Dio può renderci tali! La testimonianza pubblica dell’emorroissa rappresenta il momento della nostra prima conversione, quando cioè siamo passati dalle tenebre alla luce. Il bisogno ci ha condotto da Gesù, e una fede infantile ma efficace ha fatto il resto: abbiamo ottenuto una guarigione, una grazia, abbiamo cambiato vita. Da quel momento, le nostre scelte a favore di Dio e il nostro nuovo stile di vita diventano evidenti per tutti.
Nell’istante in cui Gesù proclama l’emorroissa come “figlia”, la figlia di Giairo muore. Non può essere altrimenti, perché quando si entra a far parte della famiglia di Dio ogni legame di carne viene reciso. Giairo ancora non lo sa, ma anche se sua figlia è morta nella carne, egli può diventare padre nello spirito, intercedendo per lei. E’ molto più che essere solo padre carnale!
Dopo averci donato la dignità di figli di Dio, strappandoci all’impurità ed ai legami con il mondo, Gesù desidera completare la Sua opera, per resuscitare quella parte del nostro cuore che giace inerme e priva di vita. Troppo a lungo tendiamo a rimanere allo stadio di semplici bambini in Cristo senza crescere, ma ciò non è un bene. Dio lavora nel nostro cuore e può tutto, ma il fattore determinante è la fede, che Gesù richiede a Giairo come unica garanzia di successo.
Senza la fede, l’intervallo di tempo che passa tra la guarigione dell’emorroissa e la resurrezione della figlia di Giairo può diventare un limbo da cui sembra impossibile uscire. Non dimentichiamo che stiamo simbolicamente parlando di due parti distinte del nostro cuore, che però non può rimanere sanato a metà.
Diversamente dal caso “pubblico” dell’emorroissa, la resurrezione della figlia di Giairo si svolge in un contesto di totale intimità: in casa e non per strada; tra poche persone scelte e non in mezzo alla folla. Gesù non chiede alla famiglia di Giairo una testimonianza pubblica, anzi insiste affinché non sia svelato nulla di quel miracolo. Eppure resuscitare una persona è molto di più che guarirla… perché tanta diversità di comportamento?
Gesù, nella Sua delicatezza, desidera preservare l’intimità del gesto con cui salva la ragazzina, perché la scena che si svolge a casa di Giairo è un vero e proprio sposalizio! Gesù, lo Sposo, arriva ed entra in casa accompagnato solo dai Suoi amici più intimi; la sposa è vegliata dai genitori. E’ ancora piccola per loro, ma Gesù la richiama alla vita e alla sua realtà di donna, precisando che è una fanciulla, non più una bambina! Le prende la mano, in tutti i sensi: chiede la sua mano alla presenza dei genitori, e li rassicura sul fatto che, come Sposo, è attento ai bisogni della Sua amata perché, appena lei si risveglia, la fa nutrire.
4Io vi scongiuro, figlie di Gerusalemme,
non destate, non scuotete dal sonno l’amata,
finché non lo voglia.
5Chi è colei che sale dal deserto,
appoggiata al suo diletto?
Sotto il melo ti ho svegliata;
là, dove ti concepì tua madre,
là, dove la tua genitrice ti partorì. (Cantico dei Cantici 8, 4-5)
La parte acerba e non sviluppata del nostro cuore, che “dorme” un sonno di immaturità e sterilità, può tornare alla vita solo quando arriva il nostro Sposo, Gesù. La pienezza e la fecondità della vita in Cristo infatti consistono nello sposare il nostro Signore per compiere la volontà di Dio nella nostra vita. E’ il momento della seconda conversione, che determina la nostra totale consacrazione a Cristo e che si svolge nel silenzio e nell’intimità del nostro cuore. Non è un passaggio vistoso o roboante come il primo, ma è molto significativo perché porta frutto e ci rende capaci di amare veramente.